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Subject  :  La scuola di Stato non è autoritaria
Author  :  edscuola redazione@edscuola.com
Date  :  06 Oct, 2001 on 15:57
da Il Giorno

La scuola di Stato non è autoritaria

di Sergio Moravia

E' attualmente in corso un cruciale dibattito sulla scuola laica di Stato che sul versante politico vede impegnato lo stesso ministro Moratti, mentre in sede culturale è stato animato principalmente dal filosofo cattolico Dario Antiseri e dal sottoscritto.
I punti che più premono ad Antiseri sono i seguenti.
1. Il laicismo, una delle bandiere del nostro sistema educativo, non è un valore. O è la premessa di uno stato di assenza di valori (nichilismo), o è «una specie di clericalismo rovesciato».
2. Il secondo vessillo della nostra Scuola, la sua natura «pubblica» è ancor più negativo: in realtà «pubblico» vuol dire «statale», e statale significa inevitabilmente autoritario e dogmatico.
3. Occorre invece instaurare un regime «privatistico», nel quale lo Stato consenta e appoggi economicamente scuole private ispirate ai valori sentiti da diversi gruppi di cittadini. Tale regime «pluralistico» creerebbe un'opportuna «competizione» generatrice di un sicuro miglioramento del sistema scolastico italiano.
Non condivido queste tesi, e rispondo ad esse nello stesso ordine di cui sopra.
1. Il laicismo non ha niente a che fare — come anche la storia delle idee insegna — col nichilismo. Al contrario è una forte credenza nella molteplicità dei valori (tra i quali anche quelli non religiosi) e in un approccio tollerante ad essi. Né esiste laicista serio i cui princìpi teorico-pratici mostrino somiglianze con le condotte del clericale.
2. Dato e non concesso che «pubblico» e «statale» siano sinonimi, è del tutto illegittimo sostenere che una scuola pubblica / statale sia necessariamente autoritaria. In sede generale ciò implicherebbe che ogni organizzazione statuale sia autoritaria (anche uno Stato liberale? Assurdo). Nel concreto caso italiano non vi sono prove convincenti dell'esistenza di forme di autoritarismo / dogmatismo di Stato nelle scuole. Una Scuola — esempio scherzoso — che consente la diffusione dei Manuali ben diversi dell'Antiseri e del Moravia in un ambito delicato quanto quello della Filosofia, non è né autoritario né dogmatico.
3. Tre rapide osservazioni sul terzo punto. (I) La Costituzione ha scelto un orientamento contrario a quello sostenuto da Antiseri. Sarebbe doveroso che egli ammettesse di star chiedendo un mutamento della Carta costituzionale: cosa possibile, ma che richiede un'attenta riflessione su molti aspetti e implicazioni della questione; (II) la Costituzione, inoltre, vieta non l'apertura di scuole private, bensì solo che esse non costino alla collettività. Tutti i gruppi confessionali (valdesi, ebrei...) l'hanno capito, facendo pagare i propri istituti ai propri fedeli e non agli altri ; (III) un impegno dello Stato nella direzione auspicata da Antiseri costerebbe una cifra enorme. Io sostengo che sarebbe civicamente assai più serio che ogni risorsa venisse impiegata a migliorare anzitutto la Scuola pubblica, la quale ne ha tanto bisogno. 4. Non è vero che il pluralismo apra automaticamente a una «buona» competizione migliorativa entro l'esistente. In sede teorica questa è una posizione di tipo liberistico/conservatore assolutamente inattendibile.
In pratica accadrebbero, in Italia, due cose: a) il regime pluralistico creerebbe — all'inizio — una serie di scuole eterogenee quanto lo è il nostro Stato: troppo giovane e fragile per sviluppare un adeguato senso civico attraverso una rete di istituti scolastici ispirati ai più diversi assunti culturali, morali e religiosi; b) ho detto «all'inizio».
Poi, succederebbe che la famosa «competizione» privilegiata da Antiseri porterebbe — se non controllata dall'odiato Stato — al prevalere dei più forti. La Scuola, ben lungi dal restare realmente pluralistica, verrebbe egemonizzata da determinati gruppi di potere. Quali? Dario, lo sai benissimo. E il punto, qui, è non tanto che tu ami quei gruppi e io no, ma che la tua concezione non sviluppa quel liberalismo/pluralismo che tu dici di voler difendere.


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