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Subject  :  Documento MIIP su articolo 5
Author  :  Brunello Arborio earbori@tin.it
Date  :  29 Aug, 2005 on 15:18
ART. 5: URGENTE LA DEFINIZIONE DEI CREDITI PER I PRECARI
Si sta verificando, con l’approvazione in via definitiva da parte del CdM del 3 Agosto

dello schema di decreto legislativo che definisce le “norme generali in materia di formazione

degli insegnanti ai fini dell'accesso all'insegnamento” ai sensi dell’art. 5 della legge 53/03,

quanto da tempo il MIIP aveva preannunciato. Effettuata una manciata di immissioni in

ruolo, si appronta un nuovo sistema di reclutamento attraverso il 3+2; nel contempo si cerca

di tranquillizzare i precari (l’attuale sistema di reclutamento resterà in vigore ancora per due

anni) e di ingenerare ancora una volta un insensato e irragionevole clima da “si salvi chi può”,

tra false illusioni e speranze di quanti ritengono di poter entrare in ruolo con le prossime

tornate. Il tutto si risolverà a breve in una catastrofe per i più: mancano infatti, nel citato

decreto, norme transitorie, unica vera forma di tutela e soluzione a fronte di quanto si sta

prospettando, soluzione che deve naturalmente essere organica e reale nel rispetto del diritto:

le cabale dei numeri non sono più tollerabili!

Ricordiamo che la questione precariato, nonostante le varie dichiarazioni del Ministro

Moratti, è tutt’altro che risolta, come del resto risulta dagli stessi dati ufficiali del MIUR

pubblicati di recente nel volume “La scuola in cifre”: di contro a un esiguo numero di

immessi in ruolo, ripetiamo, il problema rimane irrisolto e sarà destinato ad acutizzarsi; i

futuri pensionamenti anziché aprire possibilità di stabilizzazione per i precari, nella logica

ministeriale, e secondo un trend in atto da diversi anni, si risolveranno ipso facto in un taglio

di personale, come già mostrano nella loro nuda evidenza i dati.

Sarebbe stato quindi dovere preciso del Ministro, prima di andare a definire il nuovo,

stabilire in maniera chiara e inequivocabile il destino dei precari, che oggettivamente

costituiscono un patrimonio per la scuola, possedendo un notevole bagaglio di esperienze e

competenze (un alto “profilo formativo e professionale”, come denominato nel decreto)

costituito da anni e anni di insegnamento, una o più lauree quadriennali, abilitazioni plurime,

una mole di titoli culturali, che non ha uguali all’interno della scuola e che non appartiene e

non apparterrà ad alcuna altra categoria di docenti, tanto meno – è evidente – alla nuova

prevista dall’art. 5. Dobbiamo invece constatare ancora una volta come il Ministro sia più

interessato a definire il “mirabolante” nuovo – mirabolante nuovo sempre secondo la bassa

logica dei suoi “innovativi” interventi – piuttosto che seriamente impegnato a risolvere le

vere, concrete e cruciali questioni della scuola. L’esiguo passaggio del decreto del 3 agosto,

sapientemente non definito dal Ministro («le modalità ed i criteri per l'accesso ai corsi [quelli

che andranno a costituire il nuovo canale di formazione e reclutamento] da parte di coloro

che risultino in possesso di titoli di studio universitario acquisiti in base al previgente

ordinamento» saranno definite in un successivo decreto), a questo punto costituisce il

riferimento più importante, la vera questione e il luogo vero delle norme di transizione: non

vorremmo, e però già lo temiamo, che l’indeterminatezza del passaggio sia voluta da chi

intenda garantire alcuni privilegi anziché operare per fornire soluzioni. Sarebbe veramente

troppo!

Il MIIP aveva presentato da tempo e per tempo, in relazione all’art. 5, una precisa

richiesta e uno schema di riferimento affinché tramite il sistema dei crediti e in base non ad

astratte definizioni, ma a determinazioni concrete, fossero pienamente riconosciuti

professionalità e titoli dei precari. Rifiutando la logica della sterile contrapposizione tra

passato e futuro, il MIIP ha sempre richiesto un confronto puntuale sul presente come

necessario luogo delle soluzioni e del reale passaggio verso il nuovo. Su questo urge una

risposta precisa: crediamo che il Ministro, con le sue dichiarazioni, di fatto a questa soluzione

si sia impegnato fortemente, a meno che le sue non siano vuote parole. Dare definizione

all’indefinito passaggio del decreto è necessario, urgente e non ulteriormente

procrastinabile.

Si ripropone qui di seguito la proposta fatta dal MIIP nel documento “L’insensato e il

ragionevole” del 17 Aprile scorso:

«Pensare al nuovo garantendo diritti acquisiti dovrebbe essere assunto come regola per ogni

governo che vuol chiamarsi riformatore e per chiunque abbia la sana ambizione di promuovere

politiche programmatiche. Una soluzione, infatti, può dirsi veramente organica solo se mostra di

sapersi inserire nell’esistente e utilizzarne le risorse. Sicuramente non si deve prescindere dalla

Costituzione, con la quale l’articolo 5 fa a pugni, come già rilevato in più sedi.

Necessario e ragionevole sarebbe quindi prevedere che nel nuovo sistema si pensi all’accesso

di tutti quanti possiedano una laurea quadriennale e un’abilitazione di qualsiasi (Ordinario, Riservato e

SSIS), poiché tutte le abilitazioni sono state volute dalle leggi dello Stato e sono pertanto equivalenti;

coloro che abbiano inoltre prestato servizio nella scuola pubblica debbono avere accesso direttamente

alle stesse posizioni destinate a chi conclude il biennio abilitante previsto dal nuovo percorso, visto

che tali graduatorie darebbero diritto al ruolo dopo un anno di tirocinio, anno che questi precari hanno

già ampiamente e da tempo di fatto espletato, ma che comunque potrebbe tradursi, per coloro che già

insegnano da tempo, in anno di formazione-aggiornamento in tematiche didattico-pedagogiche (che i

precari ben conoscono per averle studiate e praticate). Ragionevole sarebbe pensare inoltre ad un

inserimento nel biennio specialistico, ad esempio attraverso un semestre aggiuntivo, di chi possiede i

titoli sopra elencati ma non il servizio: tale inserimento potrebbe essere studiato tramite il

riconoscimento di crediti, riconoscimento che però non deve essere lasciato all’arbitrio delle singole

Università ma deve essere reso coerente su scala nazionale e determinato dallo Stato che, per forza

di cose, non può non riconoscere abilitazioni da esso stesso rilasciate.

Perseverare nella negazione di norme di transizione organiche, consegnando questa

operazione all’insensatezza, non può che portare la politica riformatrice verso il fallimento: l’azione si

prospetta come nefasta perché astratta, priva di una morale e avulsa dalla vera politica che, lo

ripetiamo per l’ennesima volta, è capacità di trovare soluzioni e di approdare alla costruzione di nuovi

percorsi. La distruzione tout-court e la difesa di interessi particolari saranno operazioni gravide di

contraddizioni pesanti che il paese non potrà più tollerare.”

Venerdì 26 Agosto 2005

Movimento Interregionale Insegnanti Precari


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