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APEF: Comunicato 26 febbraio 2005
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1. APEF: Comunicato 26 febbraio 2005
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Formazione iniziale e reclutamento dei docenti:
una riforma a metà
Approvato dal Consiglio dei Ministri il decreto attuativo della legge 53/2003 che disciplina l'accesso alla professione di docente

L’A.P.E.F. ritiene che la formazione iniziale con Laurea specialistica a numero programmato sia il passaggio migliore di questo processo riformatore perché, finalmente, sostituisce una logica basata prevalentemente sul principio d’anzianità nel reclutamento degli insegnanti ad una che, a regime, privilegerà una formazione specifica di qualità. Crediamo che questo possa rappresentare il punto di discontinuità rispetto ad una prassi che ha portato ad un’iperfetazione irresponsabile del numero di aspiranti all’insegnamento, dove il principio di selezione del merito professionale e della preparazione specifica non è mai stato il criterio ispiratore delle assunzioni.
Come pure riteniamo essenziale che le Università, nella costruzione dei percorsi di formazione, non operino in maniera autoreferenziale ma in sinergia con le scuole e utilizzino l’esperienza preziosa maturata fin qui dalle Scuole di specializzazione e dai docenti Supervisori. Mettere finalmente mano alla formazione iniziale specifica degli insegnanti, va certamente nel senso di una rivalutazione della professione, poiché un insegnante professionista di qualità non può che costruirsi dalle “origini”.
Quest’ottica ci avvicina senz’altro a quella che è una prassi ormai consolidata in Europa.

Tuttavia questo provvedimento presenta, per quanto riguarda il reclutamento dei docenti, due aspetti assolutamente non innovativi che mostrano in tutta evidenza il cedimento ministeriale alle pressanti richieste conservatrici.
Il primo aspetto riguarda il criterio ispiratore di questo nuovo percorso, denominato “procedura concorsuale”, che è non è improntato al superamento (una volta terminata una normale fase transitoria) del vecchio sistema delle graduatorie permanenti, ma sul mantenere la struttura centralista per cui si prevede che saranno gli Uffici scolastici regionali ad assegnare, in base a queste, i docenti alle scuole. Si mortifica così quel ruolo attivo che le scuole, autonome per dettato costituzionale, dovrebbero avere nel reclutamento dei docenti che in esse andranno ad operare per il previsto anno di praticantato e nelle quali saranno confermati in ruolo per almeno un triennio.
Si azzera inoltre la possibilità di delineare nuovi contorni di tipo professionistico per l’accesso all’insegnamento che dovrebbero essere basati su Albi professionali regionali di abilitati dove la comparazione, sia da parte delle scuole che del docente aspirante, tra l’intero percorso di studi, di ricerca e professionale con la proposta formativa di ciascuna scuola, avrebbe reso certamente la scelta di entrambi più aderente alle reciproche aspettative e in definitiva con un guadagno intermini di efficienza qualitativa dell’intero sistema.
Questa scelta, a nostro avviso, è aggravata dal fatto che nelle graduatorie è per giunta sparita la riserva di posti (un 25% in una prima versione) per i docenti già specializzati nelle SSIS e nei corsi di Laurea per la formazione primaria. Non si è voluto cogliere che il vincolo tra formazione specifica e reclutamento, oggi identificato nella laurea specialistica, era già iniziato con il progetto delle SSIS ormai nel ’97 cui molti aspiranti docenti hanno aderito. Si perpetua così quella che francamente ci sembra una forma vessatoria nei confronti di risorse professionali qualificate già esistenti e che il Paese avrebbe tutto l’interesse ad utilizzare.
Rileviamo come la soluzione adottata sia decisamente distante dall’affermazione, fatta più volte dagli ambienti governativi, rispetto alla necessità di introdurre anche nel nostro Paese procedure di reclutamento e di formazione, diffuse in Europa.

L’altro aspetto decisamente deludente è l’indicazione, nel decreto, che il profilo formativo e professionale del docente sia delineato per decreto ministeriale. Abbiamo più volte, e non certo da soli, ricordato che, dato il carattere di” interesse generale” che riveste la materia, questi aspetti dovrebbero essere definiti per legge e non con atto amministrativo.
Infatti, il ruolo preminente che avranno i docenti delle Scuole nelle varie fasi del percorso ipotizzato (commissione dell’esame di Stato, docenti che avranno il compito di interagire con le strutture d’ateneo per programmare l’offerta didattica della Laurea specialistica, i tutor del tirocinio-praticantato, i docenti del comitato di valutazione del tirocinio etc…) dovrà essere definito nelle funzioni e nei relativi profili, e riorganizzato in un quadro organico di un nuovo Stato giuridico degli insegnanti. Come pure la piena attuazione dei centri di eccellenza per la formazione permanente degli insegnanti interessati ad assumere funzioni di supporto, tutorato etc., prevista sempre nell’art. 5 della Legge Moratti, necessita che siano finalmente definite le nuove funzioni e quindi i nuovi profili dei docenti, necessarie alla scuola dell’Autonomia e funzionali al percorso ipotizzato da questo stesso decreto.
Singolare che rispetto alla proposta di legge di iniziativa della maggioranza parlamentare sul nuovo Stato giuridico degli insegnanti, che assolve proprio questi scopi e che è in Parlamento da circa un anno e mezzo, lo stesso Ministro abbia risposto, nella conferenza stampa di presentazione del decreto: “ sono contraria a qualsiasi provvedimento che interferisca con la contrattazione”.
L’Apef, insieme a numerosi esponenti dell’associazionismo professionale e sindacale e del mondo politico e culturale riformista, ritiene che un nuovo Stato giuridico degli insegnanti, definito per legge, non può che essere contestuale e coerente all’attuazione di questo decreto.

Diversamente, qualsiasi tentativo di innovare, sarà seriamente compromesso e destinato a rimanere, appunto, una riforma a metà.




Roma 26 febbraio 2005 Paola Tonna
Presidente A.P.E.F


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Date: 28 Feb, 2005 on 16:05
APEF: Comunicato 26 febbraio 2005
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