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Subject  :  Quel «pezzo di carta» che conquista i giovani
Author  :  edscuola redazione@edscuola.com
Date  :  03 Apr, 2005 on 08:07
da Corriere della Sera
Domenica, 3 Aprile 2005

Quel «pezzo di carta» che conquista i giovani

Caro Vergani, lei sarà addottorato, sarà stato un ottimo studente e avrà avuto il suo «pezzo di carta». Allora, perché non lasciate che i nostri ragazzi si godano la laurea corta e il titolo di dottore? Non sfotteteli. Ci penserà la vita a dimostrargli nei fatti che era meglio sapere usare mani e attrezzi.
Salvatore Lubro
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Qualche ironia, qualche sfottimento era nella logica. Guai al Paese che non sa sorridere di se stesso. Noi siamo su questa cattiva strada, rincoglioniti dall’«Isola dei famosi», con le sue liti, i suoi piagnistei, le sue volgarità, e dal «Grande Fratello». Quanto a me, sono stato un pessimo studente, un bocciato, un ripetente, un «due anni in uno», ho acchiappato la maturità perché l’italiano nel mio Dna mi ha salvato, mi sono iscritto a Lettere, ho dato tre esami, mi sono messo a lavorare e addio laurea.
L'ansia del titolo, del dottore non è di oggi e ha ossessionato molte italiche generazioni, perché quel pezzo di carta pareva garantire un salto sociale. Non è più così, ma ancora vince il peso simbolico di quel titolo, delle attese di cui migliaia e migliaia di genitori lo hanno caricato. Quasi trent'anni fa, andai a trovare Eugenio Montale, appena consacrato dal Nobel e già senatore a vita. Viveva a Milano, in via Bigli. Non era facile stanarlo da lunghi silenzi, ma quel giorno fu generoso di sé e non solo di borbottii ironici, di sbofonchiamenti enfisematici. Gli chiesi che avesse fatto a Palazzo Madama da quando era senatore a vita. «Niente o quasi», mi disse, «Ho votato secondo la mia coscienza e le mie idee. Pensavo di potermi rendere utile. Ho fatto parte della Commissione per la scuola. Ma tutti sono d'accordo nel trasformare l'Italia in un Paese di laureati. Io non ho voglia di polemizzare. Non ne sono capace. Insieme a Meuccio Ruini e a Giovanni Gronchi, feci un disegno di legge. Stabiliva che la riforma scolastica doveva essere messa a punto e gestita da un comitato paritetico di professori e studenti. Era un progetto estremamente liberale. Non è mai stato preso in considerazione. Io ho abbandonato la scuola alla terza tecnica, sono un autodidatta, non ho molta esperienza. Ma non ci vuole molto a capire il mesto destino dell'università. Sarei stato d'accordo con Luigi Einaudi che propose di togliere valore legale alla laurea. L'Italia non lo farà mai. Sentirsi chiamare dottore. Già oggi, credo ci siano giovani che nascondono la laurea per potere essere ammessi fra gli spazzini pubblici. Poi, un giorno, a tutti succede quel che capitò al vecchio Carducci: temeva di non essere considerato, di essere preso sottogamba. Gli assegnarono il Nobel per la Letteratura. Era già paralizzato. L'ambasciatore svedese gli fece visita. Carducci ringraziò, si commosse, guardò l'assegno e, mostrandolo alla moglie, le disse: "Hai visto, hai visto che non sono un cretino"».


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