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Una seconda tragica Firenze nel cuore della Mitteleuropa
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1. Una seconda tragica Firenze nel cuore della Mitteleuropa
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da La Stampa
Mercoledì, 14 Agosto 2002

LO SCRITTORE MATVEJEVIC E LA CITTA´ D´ORO
«Una seconda tragica Firenze nel cuore della Mitteleuropa»

E´ una tragedia spaventosa, più dell´alluvione di Firenze. L´unico paragone che mi viene in mente sono le Torri Gemelle. A New York sono state sterminate migliaia di vite, a Praga si rischia la distruzione di un immenso patrimonio culturale»: Predrag Matvejevic, lo scrittore bosniaco che da anni vive in Italia, è autore del celebre «Breviario Mediterraneo», ma anche di libri come «Il mondo ex» ed «Epistolario dall´altra Europa» (tutti editi Garzanti), dove Praga diventa il centro d´un reticolo tra Est e Ovest, qualcosa di unico e particolare, un luogo di esperimenti. Ma la Città d´oro per Matvejevic non è tanto la capitale di Rodolfo d´Asburgo, con le sue leggende e i suoi maghi che ha affascinato scrittori come Apollinaire o in parte quello straordinario cantore che ne fu Angelo Maria Ripellino. E´ un´idea culturale e politica. Una città di stratificazioni. C´è ovviamente quella di Franz Kafka, il grande autore di lingua tedesca che ha distillato, nel silenzio e nel segreto, le ansie della modernità fra le viuzze di Mala Strana; c´è quella di Bohumil Hrabal, lo scrittore dei quartieri popolari, delle birrerie, della infinita resistenza della gente alla storia. Ma c´è poi quella di Vaclav Havel, il drammaturgo che preparò la Rivoluzione di Velluto e se ne mise alla testa, nella piazza San Venceslao che ci parla del trionfo della democrazia sul totalitarismo. Praga è interminabile e labirintica. Una città di scrittori, da Jan Neruda, a Leo Perutz, a Milan Kundera. E di musicisti, che parlano tedesco o boemo. «Ma è anche una città della musica, quella di Bedrich Smetana e di Antonin Dvorak, che per la mia sensibilità slava è altrettanto importante». Matvejevic è appena arrivato a Dubrovnik in vacanza, e il suo telefono cellulare è quasi scarico. Ha chiamato per tutta la mattina gli amici boemi. «Stavano aspettando l´acqua per il pomeriggio, non sapevano che cosa fare. A Krumlov, una città poco distante, dov´è nato il pittore Egon Schiele e c´è uno splendido museo d´arte moderna, la direttrice mi spiegava che il fiume era ormai nelle cantine, stava salendo e distruggendo tutto. Era disperata. Ha detto: la nostra cultura è minacciata. Poi è andata via la linea». Nel pomeriggio il telefono è rimasto muto. E l´angoscia di Matvejevic è cresciuta ancora, nella testa le immagini della «sua» Praga, che cominciano nel `68. «Certo io guardo al Mediterraneo. Praga per un verso non mi appartiene, eppure nello stesso mi appartiene profondamente». La via maestra per scoprirla nel profondo è stata la lotta politica. «Sono stato un sostenitore di Dubcek, ci sono tornato negli anni difficili di "Charta 77" come vicepresidente del Pen club - il club internazionale degli scrittori - per portare aiuto o almeno solidarietà ai dissidenti. Di lì spirava un´idea di socialismo dal volto umano che sono convinto ancora oggi fosse un´alternativa possibile. Ricordo che quando si parlava dell´invasione sovietica, io osservavo che l´Urss non aveva solo occupato l´allora Cecoslovacchia. Anzitutto aveva occupato la Russia». Ma in Boemia c´era il segno di una resistenza non solo culturale. «E´ stata la capitale laica del mondo slavo, contro Mosca che pretendeva di essere la "terza Roma" imperiale. Quando uscì il mio "Breviario Mediterraneo", ero visto come un dissidente. E i ceki furono i primi a tradurlo all´interno del blocco orientale». E´ stata un simbolo. «Non potremo mai dimenticare la città con i carri armati sovietici per le strade, la città di Jan Palach, che si è ucciso bruciandosi in piazza il 16 gennaio 1969, facendo capire al mondo che cosa sia un martire laico». E´ stata l´isola meravigliosa dell´Est, «dove negli Anni `30 il partito comunista era legale e partecipava alle elezioni: l´unico paese slavo che abbia avuto una vera democrazia». Ma la grande piena della Moldava non può cancellare tutto questo. Può distruggere monumenti e archivi, può seminare il terrore tra le case, fare della città «bella e maledetta, seducente e oppressiva, affascinante e onirica», come l´ha definita Claudio Magris, un mare di fango e di rovine. Non può intaccare gli aspetti simbolici, e tuttavia può ferirla a morte. «Per me, che all´Est sono nato, è particolarmente penoso pensare che in questo momento i soldati devono difendere le case dagli sciacalli. Sono immagini che ho evidentemente depositate nella memoria, che mi parlano di altre tragedie. La Praga d´oro è stata flagellata dalla politica e dalla storia, ora anche dalla natura. Mi chiedo: fino a che punto potrà sopportare questa nuova ferita?».


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Date: 14 Aug, 2002 on 09:42
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