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Niente posto, 1.500 ricercatori pronti a emigrare
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1. Niente posto, 1.500 ricercatori pronti a emigrare
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da Il Corriere della Sera
8 novembre 2003

Hanno vinto il concorso per l’università ma le assunzioni pubbliche sono bloccate
Niente posto, 1.500 ricercatori pronti a emigrare

Hanno vinto un regolare concorso, alcuni da oltre due anni, per essere assunti in un’università o in un ente pubblico di ricerca. Ma sono ancora senza un posto di lavoro per colpa del blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, confermato anche dalla Finanziaria 2004. Così almeno 1.500 ricercatori italiani sono pronti a lasciare il Paese per trasferirsi all’estero. Ieri, in una conferenza stampa, hanno denunciato la politica del governo in termini di assunzioni e anche di retribuzioni: chi riesce a essere assunto, ha un salario di ingresso di circa 1.035 euro il mese. «Contro il blocco delle assunzioni ho già presentato un emendamento», ha detto il ministro per l’Istruzione Letizia Moratti.

Assunzioni bloccate, 1.500 ricercatori pronti a fuggire

Hanno vinto il concorso ma non ci sono posti nelle Università: «Abbiamo già in tasca i biglietti per l’estero»

ROMA - Li chiamano cervelli ma spesso vengono stipendiati quanto una colf: 6 euro all’ora. Hanno vinto un regolare concorso, alcuni da oltre due anni, eppure sono sempre rimasti disoccupati. E con la finanziaria 2004 che conferma il blocco delle assunzioni nelle università almeno 1.500 ricercatori italiani sono pronti a trasferirsi all’estero. Molti peraltro già allettati da offerte vantaggiose. Per prestigio e per busta paga. Si sono riuniti ieri, alla facoltà di Ingegneria della Sapienza, sotto le insegne del Coordinamento nazionale dei ricercatori senza presa di servizio (Conri-Sps). Con passaporti e biglietti già in tasca. Per contestare la politica del governo che «precarizza l’università e la ricerca bloccando il ricambio generazionale». Riduzione di personale peraltro è prevista anche per il biennio 2005-2006. I millecinquecento cervelli quasi in fuga rappresentano poco meno del 10 per cento del totale dei ricercatori italiani. Rilevano i loro rappresentanti che la prossima manovra economica «da una parte introduce incentivi ambigui per il rientro dei cervelli, dall’altra ne impedisce l’assunzione di altri 1.700». Lo stop deciso con la finanziaria inoltre congela fondi che la maggior parte degli atenei hanno già a disposizione.
Alla protesta ha replicato così il ministro per l’Istruzione e la Ricerca, Letizia Moratti: «Contro il blocco delle assunzioni ho già presentato un emendamento, che mi auguro sia accolto dal governo. E comunque abbiamo previsto e stanziato oltre 137 milioni di euro per 495 progetti di ricerca che daranno lavoro a ventimila ricercatori». I fondi per l’università, aggiunge, sono stati aumentati di 200 milioni di euro.
Ma se la ricerca italiana «resta di alto profilo», come sottolineano gli stessi 1.500 «disoccupati organizzati», è proporzionalmente di scarso rendimento economico. I dati in un loro dossier. Lo stipendio di ingresso di un ricercatore italiano di ruolo è di circa 1.035 euro al mese, in alcuni casi appunto il compenso orario scende fino ai 6 euro per ora. Il contratto poi prevede (unica categoria) tre anni di prova. Nell’Unione europea un lettore guadagna mediamente tra i 2.000 e i 3.000 euro al mese. Un ricercatore a contratto ne prende altrettanti se lavora nei confini Ue, anche 4.000 se trova impiego negli Stati Uniti. «C’è una politica scellerata verso l’università e la ricerca che dovrebbero essere considerati i motori di crescita del Paese», ha dichiarato il pro-rettore della Sapienza, Gianni Orlandi, a sostegno dei 1.500 potenziali emigranti. Ai quali sono arrivati messaggi di solidarietà anche da più celebri cervelli come Franco Pacini, Umberto Eco, Lucio Bianco e Margherita Hack che rilancia la loro protesta: «Spero che i rettori decidano davvero di chiudere le università per dare un segnale forte».

G.Ca.


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Date: 08 Nov, 2003 on 07:31
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