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da Il Mattino
Lunedì, 10 Giugno 2002

QUALE SCUOLA
Tutti promossi: una notizia preoccupante

Eugenio Mazzarella

Se si dovesse dar credito agli indicatori di successo scolastico alla
prossima maturità, che si profilano all¹orizzonte, dovremmo concludere
che il pianeta scuola secondaria in Italia ha realizzato il migliore dei
mondi possibili. Ed è quindi pura follia, da Paese schizofrenico,
volerlo riformare, come pure da anni si tenta, anche di poco. In effetti
una performance di ammissione, che si aggira intorno al 95%, si prepara
a ripetere lo storico record dello scorso anno di successo agli esami di
maturità. Il problema è che è un dato del tutto fuorviante. È la
semplice prosecuzione dell¹invenzione del debito formativo, certificata
nel titolo finito, e addossata per la sua ipotetica, molto ipotetica,
soluzione all¹Università. In buona sostanza, la laurea triennale
dovrebbe fare insieme almeno tre cose: recuperare i debiti formativi
erogando i crediti sostanziali mancanti (ormai impera una logica da
riscossione tributi evasi o inevasi!); mettere in condizione di
esercitare una qualche professionalità universitaria di primo livello;
adeguare lo standard degli studenti alla didattica universitaria di
secondo livello, dove si spera poter fare qualcosa che somigli ad una
formazione universitaria tradizionale. Il tutto ovviamente senza alcun
stringente strumento di recupero crediti (veri test di ammissione ad
esempio, logiche di numero chiuso), ma sempre puntando sul fattore tempo
(nel corso di studi successivi le cose si aggiusteranno!) e sulla
subdola spinta a rendere ancora più elastica e superficiale la
valutazione, legando i finanziamenti alla percentuale dei promossi in
base alla tabella curriculare del ciclo universitario.
Sembrerà una provocazione sostenerlo, ma l¹università italiana ha
mantenuto una validità sostanziale della sua laurea proprio grazie
all¹apparente dato di inefficienza di laureare appena il 30% dei suoi
iscritti. Letto all¹incontrario del solito, questo significa che
l¹Università italiana è ancora, come deve essere, un¹università
selettiva, i cui laureati, per il semplice fatto di essere laureati,
possono pretendere attenzione da parte del mondo del lavoro e delle
politiche sociali. Cioè il valore legale del titolo di studio, che già
include un doveroso controllo sociale sulle competenze conseguite, ha
ancora una sua plausibilità. Estendere la logica della scuola
dell¹obbligo e del pezzo di carta alla laurea universitaria, sull¹onda
del degrado irrisolto della scuola secondaria, è quanto di più
antidemocratico si possa fare, e si inscrive nell¹alveo del qualunquismo
populistico nazionale.
Poiché la selezione che il sistema pubblico si rifiuta di fare in
itinere, fin dalla secondaria, appoggiata ad una formazione rigorosa,
compensando in termini di risorse economiche effettive (riqualificazione
dei professionisti della scuola, diffuso e vero sostegno ai meno
abbienti) la sperequazione di partenza degli studenti, sarà comunque
sempre più tendenzialmente fatta fuori del sistema pubblico. E in parte
al suo interno ai livelli più alti e costosi (scuole di
specializzazione, dottorati, masters). Il che vuol dire abdicare, da
parte del pubblico, alla perequazione economica della selezione sociale,
riaffidandola, più di quanto tendenzialmente già non sia, alla
situazione di censo di partenza.
Per altro, al di là dell¹indegnità etico-politica di consentire questo,
così si restringe la base psico-sociale, i nudi numeri, cui si
attingeranno le competenze superiori, il cervello sociale del Paese. Un
ingrediente necessario di una mobilità sociale virtuosa resta la leva, e
la promozione, di massa delle intelligenze. Il che, ovviamente, non è a
costo zero, né di mezzi finanziari, né di intelligenza riformatrice.
Poche cose costano come una scuola e una università di massa fatte bene.
Se c¹è qualcosa che la scuola pubblica italiana ha garantito nel
dopoguerra - in epoca democristiana, vivaddio! cioè nel quadro di
un¹ispirazione comunitaria solidaristica non inquinata ancora da un
egualitarismo meramente ideologico e puramente difensivo contro il
«comando del capitale», come è stato purtroppo quello della sinistra
sessantottina -, fornendo le energie intellettuali alla rinascita del
Paese dalla guerra, è stata un scuola seria. Continuo a preferire,
avendone per altro beneficiato, l¹Italia dei Patronati scolastici
all¹Italia dei padroni e dei padrini.


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Mail: redazione@edscuola.com
Date: 10 Jun, 2002 on 19:09
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