da Corriere della Sera
Venerdì, 25 Marzo 2005Quei 107 corsi di laurea senza allievi
Da «traduttori dialoghisti» a «storia del Mediterraneo»: servono solo a creare cattedre
ROMA - La scorsa estate sono stati proposti ai ragazzi appena usciti dagli esami di maturità 3 mila e 29 corsi di laurea triennale o a ciclo unico. Dopo qualche mese all’Osservatorio studenti istituito al ministero dell’Università hanno scoperto che 107 di questi corsi non avevano avuto neppure un iscritto, che 40 avevano attirato meno di 5 studenti e altri 158 erano stati scelti da non più di 10 matricole. Se facciamo due conti scopriamo che i nostri 77 atenei, compresi i 14 non statali, si sono visti bocciare il 10 per cento dell’offerta di formazione. I ragazzi hanno esaminato i titoli di 107 corsi di laurea, si sono chiesti dove andavano a parare, se offrivano qualche opportunità di trovare lavoro e dopo averci pensato un po’ su hanno risposto all’offerta con un «no grazie». Negli altri duecento casi, viste le cifre che vanno da 1 a 10 immatricolati, viene da chiedersi che senso ha un corso con tre, quattro, cinque materie al primo anno, con tutte le dotazioni regolamentari di professori, laboratori, aule e un pugno di iscritti. I dati del Miur parlano chiaro: spesso le università quando creano dei nuovi indirizzi non pensano alle esigenze degli studenti. «L’offerta è sbagliata perché manca una verifica dei fabbisogni - dice Antonello Masia, direttore generale del ministero -. Va razionalizzata. L’abbiamo già fatto e continueremo a farlo fino a quando non risponderà agli interessi dei ragazzi invece che a quelli dell’accademia, sia che si tratti di interessi di singoli docenti o di scuole. Un’offerta sbagliata di corsi di laurea produce danni al sistema universitario e al Paese».
Le lauree dai titoli stravaganti, a volte quasi umoristici, da tre anni a questa parte sono bersaglio della scure del ministero che cerca in tutti i modi di ridurre una lista pletorica e spesso poco utile. Dal prossimo anno accademico le lauree prive di requisiti - numero docenti, profilo scientifico dei prof, dotazioni - saranno private del riconoscimento pubblico. La cernita verrà conclusa entro giugno. Secondo fonti non ufficiali del ministero sarebbero circa 4-500 le lauree a rischio. Tuttavia la tendenza a sfornare corsi su corsi continua. Cosa c’è dietro? Per molti prof, più o meno indignati, la logica è quella della moltiplicazione delle cattedre. «L’università deve far fronte alle esigenze della ricerca e della formazione degli studenti invece di soddisfare le prospettive accademiche di questo o quel gruppo di docenti», dichiara il professor Giuseppe Valditara, responsabile di An per le questioni degli atenei.
L’offerta rifiutata dagli universitari si caratterizza per la genericità dei titoli o all’opposto per l’estrema specializzazione. Qualche esempio. Chi consiglierebbe al figlio o ad un amico di iscriversi ad un corso triennale per «Traduttori dialoghisti televisivi»? Probabilmente nessuno e infatti la struttura dell’ateneo di Torino non ha avuto successo: zero iscritti. A Roma, dove si contano ben 17 lauree-flop, il corsi di laurea in «Storia del Mediterraneo e dell’Asia» non ha convinto nessuno. Come quella per «Operatori della sicurezza sociale» proposta dall’ateneo fiorentino. Quale è il senso della proposta, si saranno chiesti i ragazzi appena usciti dal liceo. A Pisa il corso di laurea in «Lingua e cultura italiana per stranieri» ha avuto un solo iscritto. Certamente non si sentirà trascurato dai propri docenti. Ma non è sempre la debolezza o la genericità a far declinare l’offerta o a limitarla. «Biotecnologie applicate alla maricoltura e all’acquacoltura nelle aree interne e nella trasformazione dei prodotti ittici», sembra fatto apposta per chi risiede dalle parti di Comacchio. Si sono iscritti in otto, evidentemente tutti molti motivati.
Giulio Benedetti
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