da Repubblica
Lunedì, 4 Aprile 2005OBBLIGO SCOLASTICO SENZA UN PROGETTO
L´obbligo scolastico durava fino ai quattordici anni, Berlinguer lo elevò timidamente a quindici anni, la Moratti lo ha riportato a quattordici. L´obbligo formativo è una bella legge, perché prevede almeno sulla carta che si stia fino a diciotto anni o a scuola o nella formazione professionale o a fare apprendistato, ma è un´altra cosa rispetto all´obbligo scolastico. Siamo così pignoli e agguerriti sul tema, perché a Napoli e in Campania puntiamo molto sull´obbligo scolastico a diciotto anni. Per i motivi di civiltà, di cultura, di investimento, di competitività, di ricchezza, condivisi da tutti, e anche per motivi specifici, per motivi più nostri. Due soprattutto. Il primo. Siamo famosi per la dispersione scolastica, nella scuola dell´obbligo e nella secondaria; stiamo diventando famosi anche nella lotta alla dispersione: abbiamo come una sorta di "acchiappafantasmi", persone impegnate in progetti o anche nella formazione professionale che cercano di ricondurre in tutti i modi nel sistema dell´istruzione e della formazione espulsi ed esclusi (dalla scuola stessa). Nonostante tanti buoni sentimenti, proprio gli allievi che se ne vanno, che si disperdono, che sono esclusi, permettono alla scuola come è oggi, di funzionare. La scuola ha un tempo definito da dedicare a ogni allievo, un tempo costituito letteralmente da ore di lezione, ore di attività; trascorso il quale, se il rapporto non funziona, la scuola lascia l´allievo, lo consegna ad altri, lo abbandona, anche se con rammarico. L´idea che tutti i ragazzi, proprio tutti, rimangano fino ai diciotto anni fa venire la pelle d´oca alla scuola come è oggi.
Il secondo è simile al primo. L´obbligo scolastico a diciotto anni ci farà uscire fuori dal tragico equivoco che scuola e formazione professionale siano sistemi alternativi. Mi ha sempre colpito, in ogni ipotesi di riforma della secondaria, il fatto che debba essere il ragazzo a dover passare da un sistema all´altro, dall´istruzione alla formazione o viceversa, in una sorta di esodo biblico: lui, meschino, tra due sistemi immobili e indifferenti. I due sistemi non si parlano, non si stimano, si fanno persino concorrenza. Pescano, per esempio, entrambi nel mondo della dispersione scolastica. La formazione professionale con allievi carenti è costretta a misurarsi in un compito improbo e improprio per lei, quello di istruire. La scuola, a tal punto entra nei progetti, europei o meno, di formazione, che tenta di sostituirsi alla formazione professionale, accreditandosi direttamente con le Regioni come agenzia di formazione. L´obbligo scolastico a diciott´anni evita che la scuola e la formazione professionale siano costrette a fare quello che non sanno fare e gli fa fare quello che sanno fare. Ma non basta l´obbligo scolastico, non basta da sola la scuola, come non basta l´istruzione. Bisogna riscoprire il valore dell´obbligo formativo, anch´esso fino ai diciotto anni, un principio che punta all´integrazione tra istruzione e formazione professionale, tra scuola e mondo del lavoro. L´obbligo formativo, l´incontro con il lavoro e la formazione professionale, non è stato fatto solo per quelli che non vanno a scuola o ne stanno ai margini, ma anche per chi frequenta licei e istituti superiori. C´è una stessa povertà nell´offerta formativa che venisse solo dalla scuola o solo dalla formazione professionale. L´integrazione diventa punto qualificante di ogni riforma della scuola come del mercato del lavoro. Porta a una rivoluzione culturale, modifica il concetto stesso di conoscenza, competenza, abilità, crediti, didattica, esami e titolo di studio. Perché non sia un progetto velleitario, c´è bisogno di molte e impegnative cose. Un´autonomia scolastica compiuta e avanzata, una riforma radicale della formazione professionale con una legge quadro nazionale, un organico funzionale adeguato rispetto ai compiti, risorse sufficienti per strutture e strumenti oltre che per il personale. Altro che il "diritto dovere" della Moratti, che non costa niente, che registra l´esistente, che consegna cinicamente a venti sistemi regionali tutta l´istruzione, alleggerita di ore e di discipline, appesantita da improbabili "passerelle" e ancora più improbabili "alternanze scuola lavoro". Con il vero obbligo scolastico a diciott´anni le scuole si candidano a svolgere un ruolo culturale e politico per il cambiamento e il rinnovamento di Napoli e della Campania. Perciò ci teniamo tanto!
FRANCO BUCCINO
segretario flc cgil campania
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