Signore, a Pasqua regalaci speranza

di ENZO BIAGI

Tanti auguri, brava gente. Diceva una canzoncina composta da Cesare Zavattini per un film: «È Pasqua, noi siam tutti contenti / gridiamo ai quattro venti / evviva la bontà». Ritengo che gli italiani non siano proprio soddisfatti, ma bisogna accontentarsi. Il Signore è risorto, dopo avere compiuto memorabili prodigi. Diede da mangiare agli affamati, moltiplicando pane e pesci, ma non aprì un fast-food. Restituì la vista ai ciechi, ma senza ricorrere all’ottica, e la parola ai muti, non prevedendo che il leghista Bossi ne avrebbe approfittato. Disse a uno dei ladri crocefissi accanto a lui: «Tu sarai con me in Paradiso», «E io?» chiese l’altro. «No, tu no». Non fece amnistie, né proclami, leggi a favore dei farabutti. Ho visto la valle di Giosafat, quella dove dovrebbe avere luogo l’appuntamento finale. È piccola, staremo strettini. Cristo ha dato l’esempio: ogni creatura umana deve portare nella vita la sua croce. Ma un ramoscello d’ulivo è simbolo della pace nel cuore.
Dopo giorni di silenzio si sono sciolte le campane che suonano a festa. È risorto, è così che dovrebbe accadere per l’appuntamento conclusivo con Lui. È anche il giorno del rimpianto, per quelli che ci hanno preceduto nell’ultimo viaggio. Non credo all’inferno, perché è Lui che ci ha fatti, e quando ha alitato sul volto di Adamo, forse gli è sfuggito un colpo di tosse. Ci ha insegnato che siamo tutti fratelli, ma c’è già una diffusa tendenza, in qualche momento, a sentirci figli unici. Anche gli afflitti si consolino, Egli ha detto: «Gli ultimi saranno i primi». Ma anche arrivare secondi non è un brutto piazzamento.
Signore, dà a me e alla mia gente un grande dono: la speranza. Scegliete voi in che cosa.