Indagine dell’associazione Cittadinanzattiva: con 146 , Roma ha il prezzo più basso

A Lecco il nido più caro d’Italia

La retta dell’asilo comunale è di 572 euro. Milano, con 232, la più conveniente in regione

MILANO - A Lecco ci sono i più cari d’Italia, ma i posti sono pochi ovunque e, di conseguenza, le liste d’attesa interminabili. Si parla di asili nido comunali: in 75 capoluoghi di provincia di 13 regioni ne ha scattato una fotografia Cittadinanzattiva, associazione che dal 1978 si occupa soprattutto di tutela della salute e di verifica dei servizi. «Cittadini che contano» è il programma che l’associazione sta svolgendo in collaborazione con il ministero delle Attività produttive appunto per verificare se e come funziona il servizio pubblico.
Dopo trasporti e rifornimenti idrici, dunque, ecco la classifica degli asili nido pubblici: nati negli anni Trenta per aiutare le madri lavoratrici ai tempi dell’Opera nazionale maternità e infanzia, in base a una legge del 1971 sarebbero dovuti essere ben 3.800 in tutto il Paese già nel 1976. A tutto il 2002, dice invece l’indagine di Cittadinanzattiva, erano appena 3.008, comprese le strutture private.
La Lombardia, che è anche la regione con più bambini tra 0 e 2 anni (255.518) e con uno dei tassi di occupazione femminile più alti (40,4%, inferiore soltanto a Emilia, Valle d’Aosta e Trentino), ha il maggior numero di nidi: 567, di cui 478 comunali, gli altri privati (percentualmente, però, il primato è dell’Emilia, con 403 strutture per 104.315 bimbi). Le note dolenti riguardano le rette, calcolate dall’associazione per una famiglia di tre persone con un reddito di 44.200 euro lordo: lo stipendio medio secondo l’Istat.
In queste condizioni, ammesso di trovare posto, Lecco ha la maglia nera di città più cara non solo della Lombardia ma d’Italia con una retta di 572 euro mensili per le 9 ore quotidiane del tempo pieno (la più conveniente del Paese è invece Roma con 146 euro). Ancora in Lombardia, la retta di gran lunga migliore è quella di Milano, con 232 euro, seguita da Cremona (308), Lodi (322) e Como (336).
Perché differenze tanto vistose? «Perché più piccola è la città, più sono pesanti i costi strutturali fissi - spiega Giustino Trincia, vicesegretario di Cittadinanzattiva -, ma anche per scelte politiche».

Laura Guardini lguardini@corriere.it