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La festa del corteo no global
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da Repubblica.it

La città invasa. La questura: "450 mila persone"
Pochissima polizia, il servizio d'ordine affidato alla Cgil

La festa del corteo no global
"A Firenze siamo un milione"
Nessun incidente, applausi dai balconi e musica sul palco

di ANDREA DI NICOLA

FIRENZE - "Abbiamo fatto un monumento alla pace e alla democrazia e lo abbiamo piazzato nella capitale dell'arte". E' un ragazzo che parla ai suoi compagni dal camion del Comitato Piazza Carlo Giuliani a definire al meglio i sentimenti di quell'immensità di persone che hanno dato vita alla più grande manifestazione europea contro la guerra che si ricordi. Cinquecentomila? Un milione? I numeri non possono bastare a descrivere l'invasione di Firenze.
"Sembra una festa, non una manifestazione", mormora un ufficiale dei carabinieri vedendo sfilare il corteo. E in effetti è un festa che ha concluso il Social forum europeo, una festa che ha superato le perplessità della città lentamente fino a conquistarla con i suoi suoni e i suoi colori e a convincerla a scendere nelle strade insieme agli "unni", come erano stati presentati, o ad offrire un panino, un caffè o soltanto una testimonianza di condivisione della loro lotta pacifista e antiliberista. E i giovani greci, svedesi, italiani, ciprioti, francesi, spagnoli, tedeschi hanno capito al volo che qualcosa era cambiato ed hanno applaudito Firenze ed i suoi abitanti.

Fin dalle 10 del mattino si capiva che quella di oggi sarebbe stata una giornata speciale. A quell'ora il popolo dei no global e la sua miriade di sigle avevano già iniziato la partita nonostante mancassero 4 ore alla partenza ufficiale del corteo. Alle 10 la testa si posizione su viale Lavagnini per dare modo a tutti di entrare in corteo. Lo spettro di Genova, per quanto esorcizzato, inizia a levarsi per aria ed allora tutti, ma proprio tutti, compresi i pacifisti di Lilliput iniziano a serrare i cordoni del servizio di "autotutela". Nulla di particolarmente militarizzato, ma quanto basta ad evitare infiltrazioni dall'esterno.

Ma oggi l'aria era diversa rispetto al luglio del 2001. I giovani cantavano, ridevano, facevano quegli esercizi da giocolieri che piacciono tanto agli alternativi del nord europa. Attac, la grande organizzazione internazionale che si batte per l'applicazione della Tobin Tax e guidata da importanti intellettuali francesi, chissà perché inserita nelle sigle pericolose dal ministro Pisanu, ha portato una banda, la Bandao, che con le sue percussioni ha allietato gran parte del corteo. "Resist, rivolt", incitano gli inglesi di Socialist Worker, "Il nostro futuro non è una merce" proclama un altro gruppetto. Mentre uno scozzese se ne va in giro con un buffo cappellino sul quale, parafrasando lo slogan guida del movimento "Un altro mondo è possibile", c'è scritto: "Another Bush is possible?".

Sberleffo, come quello feroce che colpisce la Oriana Fallaci, nella mente e nei cuori, non in senso positivo dei manifestanti. "No ai Black Bloc veri o Fallaci", scrivono i Comunisti italiani di Ferrara, invocazioni "Not in my name", ovvero non fate la guerra in mio nome, ma anche proclami che non ti aspetti come quello su striscione rosso che dice: "L'obbedienza non è una virtù". Se lo dice Casarini non stupisce, che a proclamarlo siano i serissimi professori della Cgil scuola di Massa e Carraran certo fa effetto.

Ma nella confusione degli slogan e dei rumori, ad ora di pranzo, un pranzo che nessuno di loro farà, lo spettro di Genova prende corpo. Davanti al corteo si parano una decina di anarchici a volto coperto. La testa della manifestazione si ferma. Le mamme e le nonne di "Firenze città aperta" non ci stanno. Dopo tutta la fatica fatta per far capire alla città che il Social forum era una bella cosa non potevano arrendersi, e così prendono in mano la situazione. Cominciano ad urlare: "Delinquenti, scopritevi il viso", "non vi ci vogliamo" attaccava un'altra e così in sette otto, fino all'accusa più brutta: "Fascisti". I ragazzi sono in difficoltà, una reazione così non se l'aspettavano. "Volevamo solo tornare a casa e ci danno dei fascisti" dicono ad Alfio Nicotra che cerca di placare la situazione. I funzionari della Digos faticano a tenere lontano una signora con i capelli bianchi che insisteva nelle accuse fino a guardare in faccia il giovane antagonista e a mormorargli in senso di sfida con un chiaro accento toscano: "Attento che ti ho fotografato, ti riconosco".

Ma è l'unico momento di tensione. Il corteo nemmeno si accorge ell'episodio e continua a sfilare: lo farà per almeno sette ore. Davanti si solidarizza con gli operari della Fiat che portano con orgoglio lo striscione: "Operai della Fiat in lotta". In molti li fermano, gli fanno coraggio. Un po' più indietro ci si commuove con il camioncino del Comitato piazza Carlo Giuliani davanti alla quale ci sono la mamma, il papà e la sorella di Carlo e che ovunque viene salutato con applausi intensi e con lo slogan "Carlo è vivo e lotta insieme a noi". Passano i palestinesi che chiedono la fine dell'occupazione,gli spagnoli che urlano nella loro lingua il loro no a "Bush, Berlusconi, Aznar". Hanno cantato versioni aggiornate di Bella Ciao e di Avanti popolo. José Bové sul trattore guida gli agricoltori, i Sem Terra brasiliani e il loro inno di lotta: "Tierra y dignidad".

I più fortunati sono riusciti ad arrivare fino allo stadio, sette chilometri più in là dalla partenza. La Cgil, che ha portato a Firenze oltre 120 mila persone, invece si è dovuta arrendere: più in là di piazza Beccaria non si va e quindi viene dato il "rompete le righe". Sette ore per fare poche centinaia di metri ma a loro va bene così.

I leader no global possono gioire, questa volta a differenza di Genova quando avventatamente dissero "abbiamo vinto" possono cantare vittoria e dire, con Francesco Caruso: "Il terrore sparso da Berlusconi e Pisanu è stato un boomerang. Da oggi tutti, governo e partiti della sinistra, dovranno fare i conti con il movimento".

(9 novembre 2002)

Date: 10 Nov, 2002 on 11:16
La festa del corteo no global
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