da LASTAMPA.it
Lunedì, 17 Settembre 2007 Socializzo, dunque imparo
VINCENZO MORETTI
In una bellissima storia di Dylan Dog, il fumetto culto delle generazioni post Tex Willer, l’indagatore dell’incubo si trova alle prese con una categoria molto speciale di morti viventi.
Diversamente dai loro colleghi dei film dell’orrore, canonicamente assettati di vendetta e di sangue, gli inquilini del cimitero di Lowhill, la cittadina nella quale l’autore Michele Medda ha ambientato la storia in questione, ritornano alla vita semplicemente perché intendono recuperare tempo, quello che si sono accorti di non aver speso bene nel corso della loro vita, impegnati come erano a correre avanti e indietro, giorno dopo giorno, come forsennati.
Il messaggio è fin troppo evidente, così come le sue connessioni con le vite che ci ritroviamo quotidianamente a vivere.
La modernità ha stravolto il nostro approccio con il tempo.
Al tempo dei senza tempo la parola chiave è "correre". Sempre. A lavoro. A casa. A scuola.
Sì. Anche a scuola. Non importa se la necessità è quella di completare il programma piuttosto che quella di “cacciare” (nel senso di andare a caccia di) crediti. A farla da padrone è decisamente lui, il verbo correre.
Difficile immaginare che sia questa la strada giusta.
In particolar modo se si ritiene che i processi di apprendimento si riferiscono sempre più all’ambito della socialità piuttosto che a quello dell’informazione. Che la priorità si sposta dall’accumulo progressivo delle informazioni (il contenuto) alla cura delle connessioni che rendono possibile l’accesso a tali informazioni (Siemens). Che la trasformazione demografica (sempre più studenti che provengono da matrici culturali differenti), la tirannia della scelta (alla quale sono condannati i ragazzi sempre più alle prese con un mondo inflazionato di informazioni e deflazionato di senso), la necessità di ridefinire il concetto di intelligenza, saranno tra le tendenze con le quali ci ritroveremo a fare i conti nel futuro prossimo venturo (Zolli).
Sarà davvero così? Forse. Di certo la discussione intorno alle modalità e alle caratteristiche dei processi di apprendimento è assai lontana dall'essere conclusa.
E voi che la scuola la vivete tutti i giorni, da studenti, da insegnanti, da genitori, che cosa ne pensate?
Buona partecipazione.
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