da Unità
Venerdì, 6 Aprile 2007 Storia di Matteo: «Sei gay». E lui s’ammazza
di Anna Tarquini
«MI CHIAMAVANO frocio, mi chiamavano checca... Mi chiamo Marco F., ho 18 anni, e voglio vuotare il sacco, per la prima volta...». Il sito di «gaynews» come quello di «gay help line» in queste ore sono tempestati di telefonate. Il suicidio di Matteo che a sedici
anni ha deciso di volare dal quarto piano perché a scuola lo prendevano in giro almeno non è passato invano. Ognuno vuole raccontare, ognuno si vuole sfogare. Ognuno ha una storia e quella storia è una finestra su un mondo che si riteneva fino a questo momento estraneo alla nostra cultura e invece no, nella nostra scuola appaiono segnali preoccupanti, e il bullismo si accompagna spesso all’omofobia. Lo spiegano bene i sondaggi messi oggi in rete: il 35% delle denunce per bullismo sono episodi di razzismo contro i gay; a più del 10% degli studenti capita spesso o continuamente di vedere un ragazzo deriso, offeso e aggredito a scuola perché è o sembra un omosessuale. I professori non se ne accorgono, o non riescono a riconoscere i, problema, come la preside del liceo di Trento dove Matteo studiava. «Io sapevo tutto - ha denunciato ieri sua madre - . E anche la scuola sapeva, ero andata a parlarne con la preside».
Adesso tutti ne parlano e hanno qualcosa da dire, di cui scandalizzarsi. E il ministro Fioroni dice: «Provo un dolore profondo come uomo e come padre, prima che come ministro. La morte di Matteo ci interroga tutti, giovani, adulti, educatori, politici, società civile. La scuola dovrebbe essere un luogo dove è possibile la trasmissione di valori. Primo fra tutti il rispetto di sè e degli altri». Matteo ha lasciato una lettera che spiega qualcosa usando un linguaggio - dicono ora gli inquirenti - tipicamente scanzonato come hanno gli adolescenti. A scuola i compagni gli ripetevano di continuo: «Sei come Jonathan. Ti piacciono i ragazzi, sei gay… ». E giù battute e parolacce. Le testimonianze sul sito di gaynews - testimonianze di altri - scoprono questo mondo fatto di insulti tra i banchi: «...ero considerato troppo dolce per il mio disamore verso il calcio (per loro era impossibile che non mi piacesse), per il fatto che non mi lasciassi coinvolgere nelle loro stupide iniziative o giochi, a scherzi e improperi, fino a tentativi di denudarmi in pubblico per accertarsi della mia sessualità...». Ecco cosa accadeva a Matteo ogni giorno. L’altro ieri forse era stata anche una giornata come tutte le altre, ma un po’ diversa dalle altre. Era tornato a casa, la sua bella casa in un quartiere residenziale di Torino, stanco e un po’ triste. Si è messo subito a letto a dormire e il giorno dopo a chiesto alla mamma di poter rimanere a casa e non andare a scuola. Quando è rimasto solo si è affacciato alla finestra del quarto piano ed è volato giù, semplicemente. «I problemi — racconta ora la mamma tra le lacrime — sono cominciati più di un anno fa, in prima superiore. Mio figlio era dolce, sensibile, non alzava mai la voce, non partecipava a certi giochi e non litigava con nessuno. I compagni l’hanno preso di mira, ce l’avevano con Jonathan, quello del Grande Fratello. Era un modo per dirgli che era gay, poi aggiungevano altre cose… ». Già, c’è anche il sospetto che oltre all’omofobia ci sia anche un problema di razzismo: Matteo era scuro, figlio di un italiano e di una filippina.
Ora piovono le accuse. Sergio Lo Giudice, presidente nazionale dell’Arcigay, accusa i tg Rai: «Quello che emerge dai servizi giornalistici della tv pubblica è che il povero studente era vessato dai compagni di classe perchè era il più bravo e che forse per questo (sic!) gli dicevano che era gay. Quali acrobazie per negare che ci sono ragazzi percepiti come omosessuali e che per questo vengono perseguitati e tormentati tra i banchi di scuola». Wladimir Luxuria incalza Fioroni: «Il ministro forse se ne dovrebbe occupare...». Il deputato dei ds Grillini e il senatore dei verdi Giampaolo Silvestri hanno presentato un’interrogazione urgente a Fioroni sulle violenze antigay nelle scuole. Che dilaga. Giusto pochi giorni fa, all’Aristofane di Roma, gli studenti hanno trovato una scritta sui muri: «Via le lesbiche dalla scuola». I professori non se ne accorgono, i presidi negano. Il caso di Matteo era stato denunciato già un anno fa: «La signora ci ha parlato di questi problemi già nell’inverno dell’anno scolastico 2005-2006 - ha detto ieri un’insegnate -. Ha avuto un lungo colloquio con noi, al quale sono seguiti rimproveri da parte nostra ai compagni che avevano schernito Matteo». E poi ha aggiunto: «Matteo andava bene a scuola, aveva 7 e 8 in tutte le materie e 10 in condotta. Pensandoci oggi, la sua sensibilità poteva anche nascondere una grande fragilità... ».
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