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da ItaliaOggi
Martedì, 5 Settembre 2006

Impreparati all'integrazione

di Enrico Panini

Servono docenti specializzati per gli stranieri

Aria di crisi in molti paesi europei per quanto riguarda le politiche immigratorie. Gli attentanti di Londra hanno messo in discussione un modello basato sulla convivenza senza interferenze reciproche tra le diverse comunità; da un sondaggio pubblicato poco tempo fa la maggior parte degli immigrati di origine mussulmana si considera membro della comunità mussulmana, prima che cittadino britannico.
Dall'altra sponda della Manica, l'affermazione dell'uguaglianza di tutti i cittadini ha cozzato con una politica incapace di garantire ai giovani di seconda e terza generazione, cittadini francesi a tutti gli effetti, le stesse opportunità e garanzie offerte ai giovani appartenenti a famiglie da sempre francesi.


Perfino in paesi che sino a poco tempo fa venivano ritenuti esempi di tolleranza e di convivenza tra etnie diverse, come la Danimarca e i Paesi Bassi, si stanno sempre più diffondendo politiche restrittive verso gli stranieri e fenomeni di razzismo, fino a pochi anni fa del tutto inimmaginabili.

Nel nostro paese, dove il fenomeno immigratorio è recente ma impetuoso, si è assistito soprattutto all'arte dell'arrangiarsi, a provvedimenti sporadici, se non vessatori, come nel caso della legge Bossi-Fini, spesso caratterizzati dall'assenza di progettualità. Bene ha fatto il governo Prodi a porre all'ordine del giorno la questione della cittadinanza agli immigrati. Rimane però da capire sulla base di quale idea e di quale modello di società e con quali politiche.

I recenti e talvolta tragici fatti di cronaca mostrano, infatti, quanto sia difficile costruire una società rispettosa delle diversità culturali e, allo stesso tempo, fondata sulla condivisione di principi comuni, ma anche come il modello multiculturale sia l'unico perseguibile, pena l'atomizzazione della società in comunità tra loro divise e conflittuali. Una società multiculturale -occorre ribadirlo per evitare qualsiasi fraintendimento -non significa mera socializzazione delle differenze e assenza di principi comuni, ma, al contrario, essa deve avere le sue fondamenta nel riconoscimento dei diritti fondamentali sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e nella Costituzione italiana e trovare nel dialogo e nel confronto gli strumenti principali per la sua costruzione.

In questa ottica la scuola pubblica è il principale di questi strumenti, il più diffuso e il più potente, perché in essa il confronto e l'integrazione si realizzano attraverso lo sviluppo e l'elaborazione della cultura. Fino a oggi la scuola pubblica italiana ha, infatti, dato prova di capacità di accoglienza, fronteggiando, spesso con le sue sole forze, la crescita in meno di dieci anni degli alunni stranieri da pochi decimali a quasi il 4% della popolazione scolastica, e in presenza di 191 etnie differenti.

Una capacità di accoglienza, dietro la quale non si possono però nascondere limiti e problemi che in assenza di risorse e di interventi specifici rischiano di diventare sempre più gravi. Tali sono, per esempio, la dispersione nella scuola secondaria dove i giovani stranieri frequentano corsi e istituti professionali in misura doppia degli italiani (40% contro il 20%) e sono i più colpiti dal fenomeno della bocciatura; la formazione di scuole polarizzate con presenza di stranieri tra il 30 e il 50% accanto a scuole di soli italiani o quasi; la marginalità dell'educazione degli adulti che, invece, potrebbe costituire uno strumento fondamentale non solo per l'alfabetizzazione linguistica, ma anche per l'inserimento sociale degli immigrati. Inoltre, difficilmente le scuole riescono ad applicare quanto previsto dagli stessi decreti applicativi della legge 40/98, diventando luoghi di valorizzazione delle diversità culturali attraverso la presenza delle comunità straniere.

Le migliori esperienze in atto ci dicono, invece, che sono necessari due livelli di interventi, uno specificamente rivolto agli alunni stranieri e uno rivolto a tutti.

Occorrono programmi che prevedano percorsi di educazione interculturale per tutti, ma occorrono anche iniziative specifiche rivolte agli stranieri, quali i corsi di lingua italiana che non possono essere più una realtà casuale, dipendente dalle scelte dei comuni o dalla disponibilità o meno di risorse di una scuola, la valorizzazione della lingua madre e la conoscenza e l'approfondimento delle culture specifiche.

Occorrono docenti specializzati nell'insegnamento della lingua italiana agli stranieri, laboratori linguistici, facilitatori linguistici e culturali per promuovere e agevolare il rapporto tra scuola, genitori e comunità straniere.

Se davvero vogliamo fare della scuola il luogo principale da cui partire per costruire una società basata sulla convivenza e in grado di gestire la diversità culturale, non bastano discorsi generali. È necessario attuare politiche e interventi mirati e soprattutto occorrono risorse professionali e finanziarie adeguate per non lasciare soli gli insegnanti davanti a questi problemi.

*segretario Flc-Cgil


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Date: 05 Sep, 2006 on 08:22
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