da Repubblica
Venerdì, 8 Settembre 2006In alcuni istituti di Milano si arriva a percentuali del 40%. I pedagogisti: "Servono insegnanti all´altezza del compito"
Sui banchi i bimbi nati nel 2000 e l´alfabeto diventa multietnico
Franco Frabboni, preside di Scienze della Formazione: "La varietà è una ricchezza purché si riesca a formare un gruppo-classe"
Le incognite da affrontare: ci sono piccoli alunni che arrivano sapendo già usare il computer e altri che non hanno mai visto un libro
CARLO BRAMBILLA
MILANO - Tanti compagni di banco con la pelle di un altro colore. Che parlano a casa una lingua diversa. Che mangiano e giocano in un altro modo. Compagni italiani, nati in famiglie originarie del Marocco, dell´Albania, della Romania, della Cina, della Serbia, dell´Ecuador. Multietnicità e multiculturalità: sarà la prima grande novità a saltare all´occhio, il primo giorno di prima elementare, agli scolari della generazione del Duemila. A Milano, dove maggiore è la presenza di stranieri, si calcola che il 15% degli scolari saranno di famiglie provenienti dall´estero. Con punte che sfiorano, in alcuni casi, anche il 40%. Contro una media nazionale del 5%. Una ricchezza e qualche volta anche un problema nella gestione della didattica.
Ma non saranno solo le diverse origini etniche a caratterizzare la nuova generazione di scolari nata a cavallo del millennio. «È un´eterogeneità generalizzata il tratto caratteristico di fondo dei nuovi alunni che si preparano al primo giorno di scuola - assicura Elena Besozzi, docente di Sociologia dell´Educazione all´Università Cattolica di Milano - eterogeneità legata alla presenza di più etnie, a partire dalle scuole materne. E al fatto che non esiste più, ormai, una cultura omogenea di provenienza. Una volta gli insegnanti si trovavano di fronte a famiglie che avevano allevato i loro bambini all´insegna di valori più o meno comuni, condivisi. Oggi, invece, ogni famiglia è molto diversa dall´altra. La popolazione che un insegnante si trova davanti oggi può presentare disparità anche estreme. A livello di motivazione, per esempio. Una notevole eterogeneità degli stili educativi nelle famiglie, che non facilita certo il compito degli insegnanti».
Graziella Favaro, pedagogista milanese particolarmente attenta al tema dell´integrazione, è ottimista sulla scuola multietnica e multiculturale: «Certo gli scolari avranno qualche difficoltà, all´inizio, a comunicare verbalmente, con le parole, non col gioco, che ha un linguaggio universale. Ma avere a che fare con compagni di scuola diversi è una grande ricchezza. Crescere con bambini di tutto il mondo aiuta a diventare cittadini del mondo. Allarga gli spazi di creatività. Apre la mente. Se ci sono le condizioni positive perché questo avvenga è una chance in più per tutti i bambini».
Già, ma quali sono le condizioni positive necessarie? Secondo Franco Frabboni, preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell´Università di Bologna, il 10% di bambini di origini straniere, in una classe elementare, come avviene in Emilia, è una buona percentuale, mentre percentuali maggiori possono diventare problematiche. «La molteplicità di comportamenti e di linguaggi va benissimo, ma deve consentire la formazione di un gruppo-classe. Agli insegnanti di prima elementare consiglio, nei primi tempi, di stare molto a osservare come vanno le cose. Come si giocano queste identità diverse. Osservare, capire, prima di intervenire».
I bambini nati nel Duemila sono «sultani seduti su troni di cristallo», come li definisce Frabboni. Spesso figli unici, viziati, tiranni superaccessoriati, capaci di smanettare al computer di casa e col cellulare dei genitori. Iperstimolati. Abituati alla velocità dei videogiochi. «Sultani i cui troni di cristallo possono infrangersi in ogni momento.
E i troni di cristallo saltano se chi gestisce la cristalleria sbaglia le mosse. Gli insegnanti devono muoversi con circospezione. Stare molto attenti. Solo 10 anni fa i bambini erano molto più capaci di accettare facilmente le norme. E di assuefarsi. Quelli di oggi sono più reattivi e più fragili. E allora osservare non è una perdita di tempo. E non è una perdita di tempo stare ad ascoltare il loro cuore, il loro mondo interiore».
«Ci sono bambini che arrivano a scuola, il primo giorno, sapendo già leggere, usare il computer, navigare su internet, parlare più di una lingua, a fianco di altri che non hanno mai visto un libro in vita loro - assicura Elena Besozzi - La differenza di capitale culturale è enorme. Come la differenza di capitale sociale e di relazioni. Mi aspetto quest´anno classi molto miste, che presenteranno grosse incognite nel primo impatto. Gli insegnanti devono avere competenze di grande levatura per affrontare situazioni che possono rivelarsi complesse. E riuscire a gestire un´eterogeneità che non è solo linguistica, ma di aspettative, comportamenti e stili di vita. Molti bambini sono abituati a negoziare con gli adulti. Sono abilissimi negoziatori, capaci di ottenere qualsiasi cosa. Altri, penso a quelli di cultura musulmana, sono abituati a una grande distanza tra le generazioni».
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