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La Polemica sul Darwinismo
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1. La Polemica sul Darwinismo
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da Corriere della Sera
Venerdì, 12 Agosto 2005

Il processo

La Polemica sul Darwinismo
Mazzini assolto: non è stato un cattivo maestro
Chi stravolge il libro della natura

I segreti della natura possono essere spiegati ricorrendo alle Sacre Scritture? La polemica sul darwinismo suscitata dalle affermazioni del cardinale Christoph Schönborn (si vedano gli articoli sul Corriere del 10 e dell’11 luglio e l’intervento di Edoardo Boncinelli uscito il 9 agosto) riapre un’antica querelle tra fede e scienza. Oggi è la teoria dell’evoluzionismo a essere sotto tiro. Ieri, tra gli esempi più eclatanti, era il copernicanesimo. In nome della Bibbia si rigettava il sistema eliocentrico, teorizzato nel De revolutionibus (1543). Come conciliare l’immobilità del Sole (e, di conseguenza, la mobilità della Terra) con i versetti dell’Ecclesiaste (1, 5) o con quelli di Giosuè (10.12)? Bisogna dar credito ai calcoli matematici e alla cosmologia di Copernico o alle sante parole di Dio? Giordano Bruno e Galileo Galilei cercarono, da diverse prospettive, di trovare una soluzione a questo pericoloso conflitto. Il primo, ne La cena de le Ceneri (1584), ricorda che i libri sacri non solo non parlano di filosofia, ma non descrivono né i fenomeni naturali né i segreti del moto degli astri. Sarebbe, infatti, una follia considerare le frasi dell’Ecclesiaste come pura verità. Si finirebbe per «prendere per metafora quel che non è stato detto per metafora e, al contrario, prendere per vero quel che è stato detto per similitudine». Bruno distingue, insomma, il mestiere del teologo da quello del filosofo: al primo compete istituire leggi morali per garantire la pace tra gli uomini e la coesione sociale, mentre al secondo spetta indagare la natura delle cose. Confondere i piani significa stravolgere i legami tra sapere e verità, tra religione e società civile.
Anche Galileo, con argomenti diversi, arriverà a difendere l’autonomia della ricerca scientifica dal dominio della religione. Nella Lettera a Cristina di Lorena (1615), pur riconoscendo l’indiscutibile dominio della teologia nell’ambito della morale, l’astronomo rivendica per le questioni naturali l’importanza delle osservazioni dirette e delle dimostrazioni matematiche. Anni dopo, nel Saggiatore , non esiterà a ricordare che lo scienziato, tra i tanti libri, deve riconoscere solo l’autorità del «libro» della natura.
Tutti sanno come andò a finire. Bruno fu arso vivo il 17 febbraio del 1600. Mentre Galileo, costretto ad abiurare, fu condannato al carcere nel 1633. Ma gli sforzi teorici e il prezzo pagato servirono a ben poco. Il copernicanesimo fu messo all’indice nel 1616 e per far circolare le tesi eliocentriche gli astronomi dovettero ricorrere per secoli a varie strategie dissimulative (eclatante il caso di Giuseppe Ferroni che nel 1680 pubblica un trattatello filocopernicano intitolato Dialogo contro il sistema copernicano ). Ancora nell’Ottocento, la prudenza consigliava a Leopardi, nel suo Copernico , di limitarsi a ricordare velatamente le pericolose «scottature» di Campo de’ Fiori.
Riflettere sulla storia potrebbe essere utile per capire, con le parole di Galileo, che le Sacre Scritture non ci insegnano come va il cielo ma come si va in cielo.

Proscioglimento unanime su richiesta del pubblico ministero: il processo a Giuseppe Mazzini di San Mauro Pascoli (Forlì-Cesena) non poteva concludersi meglio per il patriota genovese, anche se il «pubblico accusatore» Giovanni Belardelli gli ha rivolto diverse critiche, sia per la sua concezione della democrazia ostile al liberalismo sia per l’influsso da lui esercitato sulla cultura politica degli intellettuali italiani.
Nuccio Ordine


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Date: 12 Aug, 2005 on 10:29
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