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MCE: CULTURA, SCUOLA, PERSONA
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1. MCE: CULTURA, SCUOLA, PERSONA
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Il parere del Mce sui documenti
CULTURA, SCUOLA, PERSONA
IL CURRICOLO NELLA SCUOLA DELL’AUTONOMIA

Nel momento in cui si è avviato un processo di revisione delle Indicazioni Nazionali emanate dal precedente Ministero il Mce desidera esporre alcune riflessioni utili al cambiamento.
a. I documenti insistono molto sulla "persona" e ci lasciano una motivata preoccupazione. Le parole non sono neutre e hanno un peso. Nelle Indicazioni nazionali la "persona" è stata veicolo della "personalizzazione dei piani di studio". Il testo sul curricolo in diversi passaggi equilibra e corregge questa impostazione: secondo noi occorrerebbe, anche nei linguaggi, dare un segnale di discontinuità rispetto alle scelte educative del passato. Nella pedagogia di Freinet conta la relazione, più che 'la persona' questo ci dice anche il pensiero della complessità, e tutta l'esperienza delle classi cooperative. Ci sembra che il riferimento specifico alla relazione educativa con le sue inevitabili implicazioni psicologiche possa essere maggiormente approfondito. La relazione educativa va assunta dagli insegnanti con competenza e correttezza poiché è un formidabile strumento di aiuto alla crescita, anche se a noi sembra che sia tuttora uno strumento trascurato nella formazione iniziale ed in itinere degli insegnanti stessi, poco valorizzato anche dall’istituzione scolastica. Inoltre riaffermare la centralità dei soggetti che apprendono, ci pare opportuno per altri motivi: i bambini non sono solo impegnati ad apprendere, ma anche a crescere, condizione che non sempre gli adulti tengono nel debito conto, dimenticando spesso le loro paure e i loro desideri o confondendoli con pretese. E forse ci sarebbe piaciuto che l’accento sulla identità di genere dei soggetti che apprendono trovasse posto in questo paragrafo, anzichè in quello sulle differenze interculturali...

b. Il richiamo alla scuola come centro di ricerca, di cooperazione e di relazioni significative, che la nostra associazione sostiene da sempre, ci porta a ripensare la figura dell’insegnante in una dimensione pedagogica complessiva, come maestro competente e adulto capace di mettere la propria passione nella trasmissione e nella co-costruzione della conoscenza .
E il Mce riconosce con soddisfazione l’attenzione posta alla dimensione educativa gruppale: è sottolineata la necessità della cura dei soggetti, ma anche la dimensione cooperativa dell’essere e dell’apprendere insieme, laddove si dice che la classe va sostenuta come una comunità di pratiche, di dialogo e di diversità. Importante il rilievo dato all’accoglienza e allo star bene a scuola e l’attenzione riservata ai processi di elaborazione dei conflitti sociocognitivi e relazionali all’interno di una classe che si configura come gruppo.
c. La nostra associazione si sente in particolare sintonia quando, nei documenti in oggetto, le culture diverse presenti in un territorio vengono considerate una opportunità per tutti. Interessante il rilievo dato al termine interazione, come a sottolineare che il rischio di un’integrazione intesa come assimilazione può essere scongiurato dalla conoscenza reciproca dei soggetti e dal dialogo interculturale: una interazione appunto, che non escluda nessuna questione culturale, compresi ruoli familiari e convinzioni religiose.

d. Sul piano dei valori di riferimento, a giudizio del Mce una carenza da segnalare riguarda l’etica pubblica, una dimensione che coinvolge la scuola ma che ci sembra collettivamente deficitaria nella società italiana. E’ sotto gli occhi di tutti l’indifferenza, la mancanza della categoria dell’alterità, la pratica del far finta e della furbizia che paga, la diffidenza verso lo Stato, l’insofferenza alle regole: in un parola la tendenza al familismo, che consiste nel porre il proprio interesse prima di quello collettivo. L’educazione alla cittadinanza non riguarda solo la conoscenza e l’elaborazione dei saperi di cittadinanza, ma anche la pratica dell’etica pubblica. Considerare la classe un microcosmo, dove si apprende la pratica del "bene comune" -per cui tutti imparano a rinunciare a qualcosa per condividere con gli altri risorse, conoscenze, insegnamenti- diventa un modo per realizzare una cooperazione viva ed efficace. Costruire una classe come comunità significa lavorare sulla solidarietà e sulla correttezza dei rapporti interpersonali, dove ciò che conta non è surclassare l’altro, ma crescere insieme.

e. Il documento sottolinea finalmente l’etica della responsabilità nei confronti delle conseguenze delle nostre azioni presenti sul futuro del pianeta e dell’umanità. Indispensabili ci paiono perciò, al fine di avviare un nuovo umanesimo, l’elaborazione e la connessione tra gli ambiti disciplinari, i grandi oggetti della conoscenza e i grandi problemi dell’attuale condizione dell’uomo planetario: essi sono affrontabili soltanto attraverso l’interdipendenza tra locale e globale ed attraverso un pensiero creativo e divergente che sappia costruire soluzioni nuove ai problemi e domande nuove e significative da esplorare insieme.

f. La scuola attuale spesso produce conoscenze fini a se stesse, spendibili solo nei confini di un’aula . Una scuola che voglia diventare un laboratorio di pensiero deve trovare le forme per rimotivare gli alunni, per richiamarli fin dai primi anni allo stupore della scoperta del mondo.
Una scuola che fornisce strumenti del pensiero per selezionare le informazioni ed elaborare metodi e categorie dà agli alunni le chiavi per costruire e trasformare le mappe dei saperi: questo è il senso dell’apprendere ad apprendere, attraverso lo sviluppo della metacognizione.

g. Il Mce valuta positivamente il riferimento alla cultura della complessità, caratterizzata da multilogica e multidimensionalità, dalla necessità di attivare l’apprendimento di competenze riflessive che consentano di coniugare logiche diverse anche contrapposte. Si tratta di competenze che comportano l’uso di logica, creatività e l’assunzione di un punto di vista critico, capace di andare oltre la logica binaria, e consapevole della parzialità di ogni punto di vista.

h. Ci fa piacere segnalare che nel documento compare la parola ambivalenza, così vicina alla dimensione della consapevolezza (compresenza di opportunità e rischi), ma anche al mondo interno dei bambini e delle bambine, traboccante di emozioni: basti pensare al primo contatto con l’istituzione scuola e con il gruppo dei pari, con un mondo fatto di regole, gratificazioni e frustrazioni, timori e desideri. In questo senso è interessante il riferimento alla costruzione di identità consapevoli e aperte, che permettono di affrontare gli urti e le incertezze di una società sempre più complessa.

SULLE ATTUALI INDICAZIONI NAZIONALI

. La nostra associazione pensa che non sia utile procedere nei confronti del documento in oggetto con la pratica dello smontaggio. Il linguaggio utilizzato (basti l’esempio di chiamare il soggetto: fanciullo), i riferimenti culturali, le specificazioni richiamano un’idea di scuola che non condividiamo, tutta basata sull’individuo e sulla personalizzazione dei processi di apprendimento. Crediamo che la strada migliore sia quella della abrogazione e della stesura di un nuovo documento in coerenza con quanto la Commissione presieduta dal prof. Mauro Ceruti e coordinata dal prof. Italo Fiorin ha prodotto fino ad ora.

. Condividiamo infatti la distinzione richiamata in quest’ultimo documento, tra Indicazioni nazionali che delineano un orientamento unitario nazionale , e curricolo, come piano di studi e di apprendimento che i docenti co-costruiscono tenendo compresenti i bisogni dei bambini, le istanze del contesto sociale, il quadro valoriale e orientativo della Costituzione e della legge sull’Autonomia scolastica. Ribadiamo il nostro dissenso rispetto ad una "didattica di stato" che le Indicazioni propongono; al riguardo, il documento sul curricolo chiarisce restituendo alle scuole dell'autonomia e alla responsabilità degli insegnanti il campo delle scelte metodologico-didattiche. Il concetto stesso di curricolo, e la sua declinazione in competenze, conoscenze e abilità, ci sembra rispondere meglio ai bisogni di una scuola attiva in una società in rapido mutamento che richiede quadri di comprensione più complessi. Proponiamo quindi di non ricorrere a concetti come Piani di studio personalizzati, Unità di apprendimento che ci sembrano riproporre una idea di crescita e di apprendimento sommatoria e frammentaria.
La conoscenza è un costrutto fatto di connessioni, di metodologie, di relazioni complesse più che di contenuti; per questo delle Indicazioni vigenti il Mce non condivide la parte che individua, disciplina per disciplina, gli obiettivi specifici di apprendimento. Pensiamo più utile una revisione che vada nel senso della unitarietà del sapere e per questo apprezziamo del nuovo documento la parte che individua gli ambiti di conoscenza (antropologico, linguistico, espressivo e matematico-scientifico) definendo le discipline più strumenti di indagine che materie di studio.

3. Il Mce pensa ad una scuola in cui sia possibile crescere insieme, in comunità di pratiche, di dialogo, di diversità. Una scuola siffatta tiene memoria di sé, produce documentazione e costruisce cultura. Tuttavia siamo contrari alla riproposizione di uno strumento come il port-folio dell’alunno, che più che documentare le competenze individuali rischia, se attuato nei modi previsti, ovvero con le annotazioni di genitori, bambini e insegnanti, di esprimere giudizi e pre-giudizi, i quali oltre a non essere utili nel cammino formativo, possono pregiudicare il suo percorso di crescita. Siamo d’accordo nella costruzione di un’alleanza educativa tra scuola e famiglia che, nell’interesse del bambino e nel reciproco rispetto, sappia distinguere ruoli e competenze . Nel documento ricompare opportunamente il concetto di valutazione formativa presente nella legge 517 e poi sostituito da una valutazione solo sommativa). Forse sarebbe utile pensare di sperimentare un portfolio "formativo" del docente dove egli impari ad annotare i suoi momenti di crescita significativi per garantire la riflessione e l’aggiustamento in itinere delle proprie prassi metodologiche-didattiche. L’autovalutazione del docente è infatti la condizione indispensabile per una valutazione formativa.

4. Vorremmo che si riflettesse sulla questione dei tempi dell’apprendimento e dei cicli scolastici. Il Mce auspica il ripristino di una struttura della scuola primaria basata su un biennio più un triennio, sia per cancellare le frammentazioni, che per rispettare le tappe dell'età evolutiva. Inoltre, sottolineiamo che c’è stata nel recente passato molta insistenza per anticipare l’inizio dei percorsi scolastici (infanzia e primaria). Se da un lato è vero che nella nostra società alcuni percorsi di crescita cognitiva si stanno precocizzando, dall’altro occorre porre attenzione alle specificità emotive ed affettive correlate all’età dei bambini: dunque pensiamo che si debba mirare alla realizzazione di spazi educativi che consentano lo sviluppo di buone relazioni per far crescere bambini interi (corpo, mente, emozione) e capaci di affrontare in maniera equilibrata il mondo circostante . Occorre a nostro avviso contrastare le anticipazioni forzose, educativamente a rischio in quanto costringono a concentrare e svilire il percorso di acquisizione simbolica dei codici, che nella didattica attiva è il frutto di un lavoro lento, in quanto mira ad una effettiva interiorizzazione e padronanza dei significati e degli strumenti culturali. Infine avremmo gradito un risalto diverso alla corporeità, come linguaggio arcaico che ognuno di noi conosce, come trama delle emozioni e come veicolo di ulteriore conoscenza.

5. Il Mce è impegnato a ricercare le forme dell’educazione cooperativa. Per questo si dice contrario alla eventuale riproposizione dell’insegnante-tutor con funzioni di coordinatore unico dell’azione didattico-educativa nei confronti dei singoli alunni e dei loro genitori. Proponiamo da sempre nelle scuole in cui siamo presenti la buona prassi del coordinamento didattico ed educativo (un team cooperativo) come componente insostituibile della funzione docente. Per questo ci sembra di poter condividere i documenti presentati dalla Commissione laddove optano per un quadro di pari responsabilità tra docenti contitolari e di distribuzione di una responsabilità condivisa senza alcuna figura docente gerarchicamente distinta.

6. Vorremmo soffermarci ancora sulla necessità che la scuola (dell’infanzia in particolare) si adoperi per promuovere lo sviluppo di tutte le dimensioni del bambino. Nelle Indicazioni l’affettività veniva indicata come obiettivo di apprendimento, laddove pensiamo che essa sia innanzitutto una dimensione dell’essere, una chiave che permette di leggere l’esperienza, dandole senso: provare emozioni permette di produrre pensieri, permette di sentire l’altro all’interno della relazione, permette di conoscere globalmente. I bambini di oggi, definiti a volte "bambini dal cuore freddo" hanno più che mai necessità di far crescere a scuola la capacità di elaborare le loro stesse emozioni, di comprendere ciò che provano e che fanno provare all’altro: solo così potremo pensare di avere adulti non insensibili, non emotivamente anestetizzati, e dunque incapaci di superare conflitti che sempre la vita propone.

7. Il Mce pensa che si debba provare ad andare oltre il concetto di convivenza civile così come è stato espresso nel Indicazioni nazionali: un insieme di svariate e frammentarie Educazioni (dalla stradale, all’alimentare, alla cittadinanza) riunite sotto un unico cappello apparentemente significante. In questi anni, invece, in virtù dei processi migratori che si sono verificati, educare alla cittadinanza ha significato affrontare i problemi che vengono posti dalla convivenza tra culture diverse. Sull’ Educazione interculturale molte energie ed esperienze si sono attivate; lo stesso Ministero è impegnato nella sfida pedagogica di educare ad un nuovo mondo, di uguali di fronte ai diritti-doveri, quanto diversi riguardo alle culture d’origine.

8. Vorremmo sottolineare un’assenza nel testo delle precedenti Indicazioni, un vuoto che non ha mancato di allarmare molti esponenti del mondo culturale e scientifico, operatori ed insegnanti. Si tratta dell’assenza di qualsiasi riferimento al problema dell’evoluzione della vita nel nostro pianeta e delle specie umana. In coerenza con lo scopo della scuola primaria, ovvero favorire la conquista dell’autonomia e del pensiero critico dell’alunno, pensiamo che tale vuoto debba essere colmato, ricorrendo non solo a racconti mitici o a tradizioni religiose, ma alle teorie scientifiche evoluzionistiche.

AZIONI DA ATTIVARE

La revisione delle Indicazioni può aiutare il processo di cambiamento della scuola, che da tempo auspichiamo, ad alcune condizioni.
La prima ci sembra quella di una politica incisiva nei confronti del mondo editoriale. La scuola quotidiana è, troppe volte, basata su delle rassicuranti routine a base di libro di testo, studio, ripetizione, esercitazione. L’editoria scolastica, con libri di testo di adozione obbligata, può costituire uno strumento formidabile per l’innovazione, quanto un ostacolo ad ogni processo innovativo. Negli ultimi anni parte dell’editoria ha anticipato, realizzato, portato nelle classi ciò che non era ancora legge, ciò che era ancora in discussione. Pensiamo pertanto che la Commissione, il Ministero, e tutti i soggetti del mondo culturale e sociale che hanno a cuore il miglioramento della scuola debbano impegnare le loro energie per far sì che gli editori e gli autori dei testi scolastici conoscano, condividano, sostengano le innovazioni proposte, accentuando la loro funzione divulgativa in maniera non stereotipa o conservativa . Senza questo "capovolgimento di fronte", senza una sincera partnership tra scuola ed editoria crediamo sia difficile ottenere cambiamenti importanti nel modo quotidiano di far scuola.
La seconda condizione necessaria ad un processo di riforma è, secondo il Mce, l’avvio di un vasto piano di aggiornamento e formazione capace di coinvolgere, come fu negli anni del varo dei Nuovi programmi della scuola elementare (1985), ogni scuola, ogni circolo, ogni istituto. Pur nel quadro della piena autonomia di ogni scuola, pensiamo che i promotori della riforma (il Ministero dunque) debba impegnarsi a fornire mezzi e strumenti all’aggiornamento e alla formazione dei docenti. Auspichiamo che in questo contesto non si pensi, come di consueto, solo alle Università , ma anche alle Associazioni professionali, che conoscono bene il mondo scolastico, le sue risorse e i problemi aperti.


Roma, 16 aprile 2007

La segreteria nazionale del Mce
Domenico Canciani, Cinzia Mion, Lucilla Musatti, Luisanna Ardu, Nicoletta Lanciano, Cristina Martin

Con il contributo di
Diana Cesarin, Giancarlo Cavinato, Gabriella Romano, Simonetta Fasoli


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Date: 20 Apr, 2007 on 16:32
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