Esami di riparazione o no?Il decreto, che non reintroduce il vecchio esame di riparazione, come divulgato dalla stampa, cerca di disciplinare una materia di per sé molto delicata come quella relativa al recupero dei debiti formativi degli studenti della scuola secondaria superiore.
Ormai da molto tempo siamo abituati a imbatterci in notizie trasmesse attraverso i più variegati canali della comunicazione, ma ciò che ci colpisce quasi sempre è la loro presentazione con titoli che poco hanno a che fare con la veridicità del contenuto. Colpa della cieca fretta del giornalista che deve mirare alla sintesi o della sua malafede partorita dall'obiettivo di vellicare la curiosità del lettore? Forse entrambi i fattori sono presenti.
Tale destino ha subito la bozza di decreto (che, dopo il parere del CNPI, fra qualche settimana diventerà decreto legge), presentata dal Ministro della Pubblica Istruzione on. Giuseppe Fioroni. Il decreto, che non reintroduce il vecchio esame di riparazione, come divulgato dalla stampa, cerca di disciplinare - per la prima volta, almeno dal punto di vista dell'articolazione - una materia di per sé molto delicata come quella relativa al recupero dei debiti formativi degli studenti della scuola secondaria superiore. "Se il decreto rappresenta l'inizio di una ufficiale organizzazione delle attività di recupero," osserva il prof. A. Scebba, Coordinatore provinciale della Gilda degli Insegnanti di Milano e membro del CNPI," bisogna anche porre fine all'adozione di una terminologia economicistico - bancaria, fatta di saldi, debiti e crediti, ed elaborarne una più didattico -scolastica". Lo schema, sottolineando la diretta responsabilità dei docenti, impone, dopo gli scrutini intermedi, alle istituzioni scolastiche l'obbligo di organizzare attività di recupero per gli studenti che abbiano riportato insufficienze in una o più materie di studio. La frequenza di queste attività è obbligatoria e si conclude con verifiche di cui si dà comunicazione alle famiglie. Quest'ultime possono arrogarsi il diritto di scegliere autonomamente e a proprio carico la modalità di recupero dello studente (sia alla fine del primo quadrimestre sia dopo lo scrutinio finale), che comunque in ogni caso non sarà esonerato dalle verifiche intermedie.
Giunti alla fine delle lezioni, per gli studenti non pienamente sufficienti si rinvia il giudizio finale. La scuola comunica alle famiglie le carenze dell'alunno insieme alla tempistica e alle modalità di svolgimento degli interventi di recupero che si dovranno concludere entro la fine dell'anno scolastico di riferimento. Effettuate ancora una volta le verifiche conclusive, il Consiglio di classe formula il giudizio definitivo che consente, secondo i casi, l'ammissione o no alla classe successiva.
Come si nota, non si tratta di esami di riparazione ma di una normativa, forse non ancora esaustiva, che mira ad offrire agli studenti preziose occasioni di recupero per conseguire gli obiettivi didattico-educativi prefissati. "La finalità prioritaria del decreto", chiarisce Scebba, "è quella di salvaguardare la progressività dell'apprendimento, specie nell'area tecnico-scientifica, cui in questi ultimi tempi non è stata rivolta la dovuta attenzione". "Ora, conclude Scebba, dopo i numerosi emendamenti proposti votati dal CNPI nell'ultima adunanza, occorre aspettare la stesura definitiva del decreto".
Ovviamente non tutto si può evincere con chiarezza dalla bozza di decreto, ma, come spesso succede, al decreto legge approvato seguiranno inevitabilmente le integrazioni chiarificatrici del Ministro.
Non resta che augurare un anno proficuo a tutti gli studenti italiani.
Mario Balsamo
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