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Dieci regole possono fare la differenza
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1. Dieci regole possono fare la differenza
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da Corriere.it

I consigli per non farsi sorprendere al momento dell'apertura delle buste

Dieci regole possono fare la differenza
Il tema è la prima, vera prova con la scrittura. Sbagliarlo vuol dire compromettere l'esito degli esami. Ecco come svolgerlo al meglio

di Giovanni Gozzini e Marco Pratellesi

Provate a pensare al vostro primo incontro con la scrittura. Forse non sarà un ricordo piacevole. Tutti abbiamo faticato sui banchi di scuola: quelle letture sgangherate, quelle sillabazioni balbuzienti con il dito che scorreva righe di cui non riuscivamo neppure a cogliere il senso, tanto era lo sforzo per decodificare quegli strani segni. E i dettati? Uno strazio con quelle doppie che non si capisce mai quando ci vanno e quando no e la tirannia di un’acca che c’è, ma non si sente. Tutta acqua passata. Ma c’è qualcosa che non si dimentica tanto facilmente: la maturità.
Il tema della maturità è la prima, vera, profonda prova con la scrittura. Una sorta di rito di iniziazione. Ogni studente avverte che, in qualche modo, il tema di italiano è la prova decisiva. Sbagliarlo vuol dire compromettere seriamente l’esito finale degli esami. Fare un buon tema, vuol dire avere la maturità in tasca. Così si finisce con l’affidare a quella prova il nostro destino scolastico con tutto quello che ne consegue. Generazioni di studenti dopo aver palpitato all’apertura delle fatidiche buste che contengono le tracce dei temi, continuano a sognare quel momento per tutta la vita. Un incubo capace di fare rivivere l’angoscia di quei giorni per il canto della Divina Commedia saltato “perché quel giorno c’era la finale del torneo di calcio”, per il programma non terminato, per il fenomeno editoriale dell’anno non letto “tanto figurati se ti danno una cosa intelligente”, e che invece, sfortuna massima, arriva puntuale come una delle tracce dei temi. E che invidia per la biondina del primo banco, che avete snobbato per tutto l’anno, e che adesso sorride, tanto lei non ha saltato i canti di Dante, ha finito il programma e si è pure letta il libro di cui tutti hanno parlato. Sgombriamo subito il campo da un’illusione: non esiste una “ricetta” che possa garantire il superamento della prova. Essere promossi o essere bocciati è qualcosa che nel 99 per cento dei casi nasce da più lontano dell’attimo fuggente in cui si consuma la prova.
Esistono tuttavia alcune regole, semplici norme da seguire, spesso ispirate al buon senso, che se applicate potranno aiutarvi a migliorare la vostra prestazione se non, addirittura, in alcuni casi disperati, a toglievi dalle peste. Perdonateci, ma la prima regola si chiama buon senso. E dice questo: quando avete finalmente davanti le tracce dei temi, non abbassate la testa per cominciare a svolgere quella che appare a prima vista la più facile. Spesso, la prova scritta di maturità “frega” proprio chi ha peccato di eccesso di sicurezza. Si è visto il meglio delle classi affondare nelle sabbie mobili di un tema su Dante o su D’Annunzio. Non necessariamente la scelta più impegnativa, più intellettuale, paga. Pensate sempre che chi legge i vostri elaborati ritiene, a torto o a ragione, di essere un’autorità in materia ed è molto meno disponibile a tollerare uno svarione letterario che non una “bruttura” in un tema di attualità.
Dunque regola n. 1. La scelta. Prima di decidere quale tema affrontare leggete attentamente tutte le tracce e, almeno che non siate folgorati sulla via di Damasco (il tema è proprio uno di quelli su cui vi eravate preparati) procedete per esclusione. Leggete attentamente un titolo. Pensate quindi alle vostre conoscenze in materia. Provate a stendere una scaletta su quello che avete da dire sull’argomento e sulle conclusioni a cui volete arrivare. Poi passate al seguente. Stessa trafila e così via. Alla fine di questo rapido lavoro eliminate le tracce di cui non sapete niente o su cui vi siete trovati più in difficoltà. Quella che resta in piedi è il tema che vi offre maggiori garanzie di successo. A parità di “punteggio” eliminate sempre la traccia più pretenziosa a favore di quella più umile. E non crediate che questa prima regola, che potremmo chiamare “la scelta”, sia una perdita di tempo. Vi possiamo documentare casi di studenti che hanno scelto la Scuola di Barbiana come svolgimento per poi scrivere che don Milani era contro la scuola di massa “perché solo quelli bravi dovevano andare avanti”. Due il voto e un altro anno a riflettere sui banchi del liceo.
Regola n. 2. La scaletta.Prima di affrontare la stesura definitiva della brutta copia, preparatevi una scaletta. La scrittura — come tutte le cose, ci ricorda Sant’Agostino — ha un «cominciamento», un mezzo e un fine. Annotatevi la vostra scaletta fissando prima i punti che volete trattare e poi numerandoli secondo l’ordine che volete dar loro sul foglio.
A questo punto siete pronti per partire. Regola n. 3. L’attacco. Un buon attacco predispone alla lettura, così come una conclusione “azzeccata” lascia un buon ricordo. Dedicate alle prime e alle ultime righe tutto il tempo che vi richiedono. Ma non fatevi bloccare dalla suggestione della pagina bianca. Conviene comunque partire, anche se l’attacco non vi convince del tutto. Nella seconda stesura, “la bella”, potete tornarci sopra limandolo, migliorandolo,addirittura sostituendolo con qualcosa che avete scritto più avanti nel tema e che magari alla rilettura vi accorgete adatto a cominciare, come una pennellata d’artista, il vostro componimento.
Regola n. 4. Parole semplici. Mentre scrivete sul foglio i vostri pensieri abbiate cura di scegliere parole semplici e comunque sempre termini di cui conoscete a fondo il significato. Non c’è peggiore leggerezza che utilizzare un termine raro, aulico o ricercato in una accezione che non è esattamente la sua.
Regola n. 5. Gli aggettivi. Gli aggettivi sono una bestia nera. Il fatto stesso che a un sostantivo se ne possano abbinare un numero praticamente infinito crea sempre un certo imbarazzo. La cosa migliore è eliminarli quando non servono. Per accorgervi se un aggettivo ci sta o non ci sta, è sufficiente che vi poniate la domanda: aggiunge qualcosa a quello che devo dire? Se la risposta è no, eliminatelo senza indugio. Se la risposta è sì, ponetevi una seconda domanda: è questo l’aggettivo più appropriato per esprimere la qualità che voglio indicare? Se sì siete a cavallo, altrimenti scorrete nella vostra testa — o meglio nel vocabolario o nel dizionario dei sinonimi che vi dovete assolutamente portare dietro — tutte le altre combinazioni possibili che vi vengono in mente. Lo stesso vale per l’uso di più aggettivi. Se usate più aggettivi per indicare la qualità di un sostantivo è necessario che ogni aggettivo esprima una sfumatura diversa. Altrimenti darete l’idea di usarne due o tre semplicemente perché non sapete quale scegliere fra più aggettivi che vi appaiono concorrenti.
Regola n. 6. Appunti in brutta. Mentre scrivete vi possono venire in mente altre idee. Non fidatevi della memoria ma scrivetele subito su un foglio accanto.
Regola n.7. Verbi e tempi.Scegliete un tempo di narrazione e mantenetelo fino alla fine. Se collocate l’azione o il vostro racconto in un certo spazio temporale, sia esso presente, passato o futuro, dovete armonizzare tutti i verbi a quel tempo. Dedicate una rilettura solo a questa operazione, come facciamo anche noi.
Bene, siamo arrivati quasi in fondo. Le idee, quelle dovete mettercele voi. Ricordate ancora due regolette: lo svolgimento di un tema non è un fatto di lunghezza. Quando pensate di aver esaurito quello che avete da dire in materia, non cercate di allungare inutilmente il brodo. Anche la pazienza degli esaminatori ha un limite e non deve essere piacevole per loro essere portati inutilmente in giro dai vostri pensieri. Breve è bello se c’è tutto, e questa potrebbe essere la regola n. 8.
Chiudiamo con la regola n. 9: la rilettura. Rileggete attentamente il vostro tema. Spesso, quando si crede di aver finito di scrivere qualcosa, si è solo all’inizio. Provate a pensare a cose che avete scritto e riletto dopo qualche tempo: quante cose avreste voluto cambiare! All’esame di maturità purtroppo, o per fortuna, una volta consegnato il compito non si può tornare indietro. Prima di abbandonarlo nelle mani dei vostri esaminatori, dunque, rileggetelo attentamente. E’ nella fase di rilettura che, anche con pochi semplici accorgimenti, si possono ottenere risultati insperati con una percentuale di miglioramento che sfiora anche il cento per cento. Perché altrimenti, secondo voi, poeti e scrittori rileggono e limano i loro lavori fino alla nausea?
n.10: gli esempi Per non lasciare tutto nel calderone di poche regolette scellerate, e perché alla fine non ci rinfacciate di essere così sfuggiti alle nostre responsabilità, proveremo a svolgere alcune delle tracce di temi assegnati all’esame di maturità negli ultimi anni.
Entriamo nella calda aula di un liceo in una afosa mattina di fine giugno. Ci siamo. Fra pochi istanti le commissioni d’esame di tutta Italia compiranno uno stesso identico gesto: l’apertura delle buste contenenti le tracce. La lancetta dei secondi scorre veloce sull’orologio. Le mani, sudate, spianano i fogli sul banco. Prendono la penna, ne assaggiano la consistenza e la scorrevolezza, la ripongono.Ecco, le 9. E’ l’ora X. Alla prima lettura delle tracce sembra di non aver capito niente. Un attimo di panico. Poi copiandole, qualcosa sembra entrare in testa: uno spiraglio di luce che lascia intravedere una speranza di salvezza.

esempio1 - Letteratura
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/Notizie/maturita/c1.shtml

esempio 2 - Attualità
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/Notizie/maturita/c2.shtml

esempio 3 - Attualità
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/Notizie/maturita/c3.shtml

esempio 4 - Attualità
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/Notizie/maturita/c4.shtml

16 giugno 2005


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Date: 16 Jun, 2005 on 18:41
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