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Reg. Tribunale Lecce n.
662 del 01.07.1997- ISSN
1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo |
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cosa succedere agli istituti tecnici? |
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Normal member in Educazione&Scuola
posts: 1 since: 10 Feb, 2004 |
1. cosa succedere agli istituti tecnici? |
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La riforma Moratti preoccupa tutto il mondo della scuola per le conseguenze catastrofiche che potrebbe avere per la scuola superiore, per l¹istruzione tecnica e per il tessuto socio economico del Paese. Con la creazione del sistema dei licei, affiancato da un non ben definito canale dell¹istruzione professionale, verranno eliminati i diplomi e le figure professionali attualmente forniti dagli istituti tecnici (industriali, commerciali, per geometri, ecc.). Nei vari tipi di licei non sono previste materie tecnico scientifiche, né corsi con indirizzi specialistici. Vengono eliminate le attività di laboratorio, mentre il quadro orario si riduce drasticamente (da 36 40 ore a 24 27). L¹ultimo anno delle superiori perderà gran parte del ruolo e delle funzioni attuali per essere destinato ad attività scuola lavoro e scuola superiore università. Alcuni effetti pratici potrebbero essere, in estrema sintesi: - sparizione delle attuali figure professionali di medio livello (periti industriali, ragionieri, geometri, ecc.) - impoverimento del livello dei servizi scolastici offerti ai cittadini - ritorno a una didattica di tipo arcaico e anacronistico, con una antistorica separazione tra le conoscenze teoriche e la sperimentazione pratica, cioè quanto di più assurdo si possa concepire in un Paese tecnologicamente avanzato L¹Istruzione Tecnica dovrebbe diventare Istruzione Professionale e passare, come quasi tutta la scuola statale attuale, alle Regioni. Ci si domanda come ciò possa avvenire in un contesto economico che vede gli Enti locali costretti a tagliare persino i servizi più essenziali (sanità, assistenza agli anziani, ecc.) per assoluti indisponibilità di fondi. Giungono intanto notizie di organizzazioni e scuole private che avvalendosi di finanziamenti pubblici e fondi della Comunità Europea danno vita a corsi professionali di ogni genere, ma privi spesso di contenuti e standard qualitativi concretamente verificabili, come accade invece nella scuola pubblica. Si ha la netta impressione che una riforma evidentemente concepita da persone che non conoscono la realtà della scuola italiana, né sembrano rendersi conto delle conseguenze di alcune scelte quantomeno estemporanee, tenda soltanto a scaricare i costi dell'istruzione sugli Enti locali e sui cittadini. Insomma, tagliare i costi per lo Stato, fosse anche a discapito di tutti e con costi sul piano sociale e occupazionale che non farebbero che aggravare la situazione del Paese. La scuola italiana ha fornito finora, nonostante tutto, un servizio di alto livello, trasformando i contributi dei cittadini in effettiva creazione e diffusione di Cultura e Istruzione, non in profitti per privati finanziati con denaro pubblico. L¹istruzione non deve diventare una semplice merce di scambio, né l¹Italia, Paese fortemente industrializzato, può permettersi lo smantellamento dell¹Istruzione Tecnica e una riforma che va in senso esattamente contrario ai bisogni essenziali della nostra società. Affermiamo tutti la necessità di difendere e potenziare (dove sono i tanto promessi finanziamenti?) la Scuola Statale e l¹Istruzione Tecnica, principale produttrice di quelle figure professionali che sono da sempre la forza principale del nostro tessuto economico industriale. |
Date: 10 Feb, 2004 on 12:14 |
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